Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2050 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 2050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di
COGNOME NOME nato in ECUADOR il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CERNUSCO SUL NAVIGLIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 del TRIBUNALE di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; a seguito di procedura de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Milano, con la sentenza impugnata, ha applicato a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, su richiesta delle parti, la pena di quattro anni e nove mesi di reclusione ed euro 1.400 di multa per i delitti di concorso in rapina e in lesioni aggravate.
Ricorrono per cassazione entrambi i suddetti imputati, a mezzo del loro comune difensore, con distinti ricorsi, deducendo il mancato riconoscimento di una causa di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e la conseguente illegalità
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della pena, nonché – il solo COGNOME – la mancata riqualificazione ex art. 648 cod. pen.
I ricorsi sono inammissibili, perché proposti con motivi non consentiti e comunque generici.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., è possibile «proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misur di sicurezza».
Nel caso di specie, in primo luogo, la motivazione assolve appieno il proprio attenuato onere argomentativo, richiamando specificamente la piattaforma investigativa e condividendo la qualificazione giuridica dei fatti alla base dell’ipotesi accusatoria. Secondo il consolidato orientamento di legittimità (cfr., Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, COGNOME, Rv. 273934/01-273934-02; Sez. U, n. 47766 del 26/6/2015, COGNOME, Rv. 265108; Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264207; Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, Rv. 283723), costituiscono “pena illegale” solo la pena che, per specie o per quantità, non corrisponde a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice, così collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale (pena illegale ab origine) ovvero la pena che, comunque, è stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una cornice edittale inapplicabile, perché dichiarata costituzionalmente illegittima o perché individuata in violazione del principio di irretroattività della legge pena più sfavorevole.
Il procedimento deve pertanto essere definito senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
I ricorrenti devono essere condannati, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 dicembre 2023
Il Consigliere estensore