Ricorso in Cassazione e patteggiamento: un legame con regole precise
Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma le sue porte non sono sempre aperte. Quando si tratta di sentenze emesse a seguito di patteggiamento, la legge pone dei paletti molto chiari sui motivi per cui è possibile impugnare la decisione. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre l’occasione per approfondire questi limiti, evidenziando come una contestazione generica sulla pena applicata non sia sufficiente per ottenere un riesame del caso.
Il caso in esame: un ricorso basato sulla motivazione della pena
Un imputato, dopo aver concordato una pena di due anni e otto mesi di reclusione e 1.400 euro di multa per il reato di estorsione (art. 629 c.p.), decideva di presentare ricorso in Cassazione. A suo avviso, la sentenza del Tribunale, che recepiva l’accordo di patteggiamento, era carente di motivazione per quanto riguardava il trattamento sanzionatorio applicato.
Il ricorrente, tramite il suo difensore, sollevava un unico motivo di impugnazione, focalizzato proprio sulla presunta assenza di una giustificazione adeguata da parte del giudice di primo grado riguardo alla quantificazione della pena. Tuttavia, questa strategia si è scontrata con le rigide disposizioni del codice di procedura penale in materia.
I limiti del ricorso in Cassazione dopo il patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Vizi nella volontà dell’imputato: se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione: quando la sentenza non corrisponde alla richiesta di patteggiamento concordata tra le parti.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie normativa sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge (ad esempio, supera i limiti massimi previsti).
Nel caso specifico, contestare la motivazione sulla congruità della pena non rientra in nessuna di queste categorie. La Corte ha sottolineato che il motivo sollevato dall’imputato non era consentito in sede di legittimità per le sentenze di applicazione pena su richiesta delle parti.
Le motivazioni della Corte
I giudici della Suprema Corte hanno spiegato che il ricorso era palesemente inammissibile. La legge delimita in modo netto l’ambito del controllo di legittimità sulle sentenze di patteggiamento, escludendo questioni relative all’adeguatezza della pena concordata, a meno che questa non sia palesemente illegale. La critica alla motivazione del giudice sul trattamento sanzionatorio, come nel caso di specie, non costituisce un vizio che possa essere fatto valere attraverso il ricorso in Cassazione.
Inoltre, la Corte ha osservato, quasi a titolo di commento aggiuntivo, che la sentenza impugnata conteneva comunque una motivazione sul punto. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione priva di fondamento.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo che, una volta ratificato dal giudice, gode di una stabilità particolare. L’accesso al giudizio di Cassazione è un’eccezione, limitata a vizi specifici e gravi che intaccano la validità dell’accordo o la legalità della pena. Chi intende percorrere questa strada deve quindi assicurarsi che i propri motivi di ricorso rientrino strettamente nelle ipotesi previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., per evitare una declaratoria di inammissibilità e ulteriori conseguenze economiche.
È possibile contestare la congruità della pena decisa con un patteggiamento tramite ricorso in Cassazione?
No, la contestazione relativa alla motivazione sulla congruità del trattamento sanzionatorio non rientra tra i motivi per i quali è ammesso il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Quali sono i motivi validi per presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi consentiti sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se viene ravvisata una colpa nella proposizione del ricorso, anche al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36762 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 36762 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
Ricorso trattato de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Siracusa in data 28/02/2023 che ha applicato all’imputato la pena di anni due mesi otto di reclusione ed C 1.400,00 di multa, in ordine al reato di cui all’art. 629 cod. pen.
Con un unico motivo deduce la mancanza di motivazione riguardo il trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile, essendo il motivo non consentito in sede di legittimità.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione pena è consentito soltanto per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiest e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pe o della misura di sicurezza.
Nessuna di dette ipotesi ricorre nel caso in esame. E tanto a prescindere dal rilievo che il provvedimento impugnato risulta, alla pagina 2, corredato di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativannente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 settembre 2024.