Ricorso in Cassazione: Attenzione ai Limiti Dopo il Concordato in Appello
L’istituto del concordato in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo in modo più rapido, ma comporta importanti rinunce. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i ristretti confini entro cui è possibile presentare un ricorso in cassazione dopo aver aderito a tale accordo, pena una secca dichiarazione di inammissibilità e conseguenze economiche.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per furto aggravato in concorso (artt. 110 e 624-bis c.p.). In secondo grado, l’imputato e la procura generale avevano raggiunto un accordo sulla pena, il cosiddetto ‘concordato in appello’. La Corte d’Appello, preso atto dell’accordo, aveva quindi rideterminato la pena in senso più favorevole all’imputato (in mitius), confermando nel resto la sentenza di condanna.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ugualmente ricorso per cassazione, sollevando censure relative alla qualificazione giuridica del fatto, ovvero contestando la correttezza della tipologia di reato ascrittagli.
Il Ricorso in Cassazione Dopo un Concordato: Quali Motivi Sono Ammessi?
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio consolidato in giurisprudenza. Quando si accede al concordato in appello, si rinuncia implicitamente a far valere tutti i motivi di impugnazione, ad eccezione di un nucleo molto ristretto di vizi.
Secondo la Corte, il ricorso è ammissibile solo se contesta:
1. La formazione della volontà della parte di accedere all’accordo (ad esempio, per vizi del consenso).
2. Il mancato consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto.
4. L’illegalità della sanzione inflitta, ovvero una pena non prevista dalla legge per quel tipo di reato.
Sono invece inammissibili le doglianze relative a motivi a cui si è rinunciato (come la valutazione delle prove o la qualificazione del fatto), alla mancata applicazione delle cause di proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.) o a vizi nella determinazione della pena che non ne comportino l’illegalità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che le censure mosse dal ricorrente, relative alla qualificazione del fatto, fossero generiche e, soprattutto, rientrassero tra i motivi di appello a cui egli aveva implicitamente rinunciato aderendo al concordato. L’accordo sulla pena presuppone l’accettazione del quadro accusatorio e della qualificazione giuridica così come cristallizzati nella sentenza di primo grado, barattando la possibilità di contestarli con la certezza di una pena più mite.
L’evidente inammissibilità del ricorso ha portato a due ulteriori conseguenze per il ricorrente, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale:
– La condanna al pagamento delle spese processuali.
– La condanna al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato tale importo sottolineando che l’inammissibilità dell’impugnazione era così palese da configurare un profilo di colpa in capo al ricorrente, che ha attivato inutilmente l’ultimo grado di giudizio.
Conclusioni
La decisione in commento offre un importante monito: il concordato in appello è una scelta strategica che chiude la porta alla maggior parte delle contestazioni future. Prima di accettare un accordo sulla pena, è fondamentale valutare attentamente tutte le possibili linee difensive, poiché la successiva possibilità di presentare un ricorso in cassazione sarà estremamente limitata ai soli vizi procedurali dell’accordo stesso o all’illegalità della pena. Impugnare una sentenza basata su un concordato per motivi diversi da questi espone al rischio concreto di una dichiarazione di inammissibilità e a sanzioni economiche significative.
Dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato), è possibile presentare ricorso in Cassazione?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e limitati. L’impugnazione è ammessa se riguarda vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, il mancato consenso del pubblico ministero, una decisione del giudice non conforme all’accordo, o se la pena applicata è illegale. Non è possibile contestare aspetti a cui si è rinunciato, come la qualificazione giuridica del fatto.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione, presentato dopo un concordato, viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. L’importo di tale somma è determinato dal giudice e tiene conto della palese infondatezza o dei profili di colpa nell’aver proposto l’impugnazione.
Perché, nel caso specifico, il ricorso è stato considerato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate riguardavano la qualificazione giuridica del reato. Secondo la Corte, questo è uno dei motivi a cui l’imputato rinuncia implicitamente nel momento in cui accetta di concordare la pena in appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32623 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32623 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catania che, a seguito del concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., ha rideterminato in mitius la pena e ne ha confermato la condanna per il delitto di cui agli artt. 110, 624-bis cod. pen.;
premesso che, «in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richies ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella ill della sanzione inflitta» (cfr. Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019 – dep. 2020, M., Rv. 278170 – 01; pure Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102 – 01);
considerato che il ricorso è inammissibile poiché muove censure, peraltro generiche, in ordine alla qualificazione del fatto;
ritenuto che all’inammissibilità – da dichiararsi de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5bis, cod. proc. pen. – consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., ia condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro quattromila, atteso che l’evidente inammissibilità dell’impugnazione impone di attribuire loro profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 1 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01);
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2025.