Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4628 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 4628  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 3/04/2023 della Corte di appello di Ancona;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale NOME COGNOME, che ha chiesto la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.COGNOME ricorre avverso la sentenza, con la quale la Corte di appello di Ancona, in data 3 aprile 2023, rideterminava ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., in anni due e mesi sei di reclusione ed euro duemila di multa, la pena inflitta all’imputato (e al coimputato non ricorrente) dal Tribunale di Ancona in data 20 settembre 2022.
La difesa articola due motivi di ricorso:
2,1. Violazione di legge processuale, per avere le parti previsto di ridurre la pena per la scelta del rito di un solo terzo (laddove la contrazione sanzionatoria
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2.2. Omessa motivazione in ordine alla conferma del provvedimento di espulsione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI1 ricorso è inammissibile.
2.11 primo motivo è manifestamente infondato.
L’imputato ha rinunciato a tutti i motivi di ricorso e ha concordato con il Pubblico ministero il solo trattamento sanzionatorio.
La circostanza che la riduzione della pena, in ragione della scelta del rito, sia stata pari ad un terzo, lungi dall’essere indicativa di una erronea determinazione delle parti, è dimostrativa – così come motiva il giudice – della gravità della condotta, che non consentiva una maggior contrazione della pena (viceversa risultando possibile l’applicazione del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90).
Risulta, pertanto, liberamente determinatasi la volontà dell’imputato e insussistente, anche sotto il profilo del fumus, qualsivoglia incertezza in ordine ad una piena ed assoluta libertà di autodeterminazione.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La riferita gravità della condotta e l’intervenuta rinuncia ad ogni altro motivo escludevano che al giudice spettasse – ulteriormente rispetto alla pronuncia di primo grado – di motivare in ordine alla intervenuta espulsione.
Peraltro, il motivo proposto dalla difesa non denuncia l’illegalità della misura, ma il vizio di motivazione.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.