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Ricorso in Cassazione: i limiti dell’accordo in appello

Un imputato presenta ricorso in Cassazione lamentando un’errata riduzione della pena e l’omessa motivazione su una misura di espulsione, dopo aver raggiunto un accordo in appello. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, sottolineando che l’accordo sulla pena, liberamente sottoscritto, preclude successive contestazioni sulla sua entità e che la rinuncia ai motivi di appello esonera il giudice da un’ulteriore motivazione su aspetti già decisi.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando l’Accordo in Appello Rende il Ricorso Inammissibile

La recente sentenza n. 4628/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del Ricorso in Cassazione a seguito di un accordo sulla pena (il cosiddetto ‘patteggiamento in appello’) raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La decisione sottolinea come la libera adesione a un accordo processuale precluda, di norma, la possibilità di contestarne successivamente i contenuti, ribadendo il principio di auto-responsabilità delle parti processuali.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Ancona che, su richiesta concorde delle parti, aveva rideterminato la pena per un imputato a due anni e sei mesi di reclusione e duemila euro di multa. Questa rideterminazione era avvenuta in applicazione dell’art. 599-bis c.p.p., con l’imputato che aveva rinunciato agli altri motivi di gravame. Nonostante l’accordo, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando due questioni: una presunta violazione di legge nella quantificazione della riduzione di pena (pari a un solo terzo) e l’omessa motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo alla conferma di una misura di espulsione.

Analisi del Ricorso in Cassazione e la Decisione della Suprema Corte

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno smontato entrambi i motivi di ricorso presentati dalla difesa, basando la loro decisione sulla natura stessa dell’accordo processuale e sulla rinuncia ai motivi d’appello.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il primo motivo era infondato perché l’accordo sulla pena è il risultato di una libera contrattazione tra l’imputato e il Pubblico Ministero. L’imputato, assistito dal suo difensore, ha scelto di rinunciare a tutti i motivi di appello per ottenere un trattamento sanzionatorio concordato. La circostanza che la riduzione sia stata pari a un terzo non indica un errore, ma riflette una valutazione condivisa della gravità del reato (nel caso di specie, una violazione dell’art. 73 del D.P.R. 309/90 in materia di stupefacenti), che non permetteva una contrazione maggiore della pena. Pertanto, la volontà dell’imputato si è formata liberamente e non vi era alcuna incertezza che potesse viziarla.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla mancata motivazione sull’espulsione, la Cassazione ha ribadito che la rinuncia a ogni altro motivo di appello escludeva l’obbligo per il giudice di secondo grado di motivare nuovamente su aspetti già decisi in primo grado e non oggetto di specifica contestazione. La gravità della condotta e l’intervenuta rinuncia ai gravami rendevano superfluo un ulteriore passaggio argomentativo sulla misura accessoria dell’espulsione, tanto più che la difesa ne contestava il vizio di motivazione e non l’illegalità.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale della procedura penale: l’accordo processuale, se liberamente raggiunto, cristallizza la posizione delle parti e limita fortemente le possibilità di impugnazione successiva. Chi sceglie la via del ‘concordato in appello’ accetta consapevolmente la pena e rinuncia a contestare altri aspetti della sentenza di primo grado. Un eventuale Ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per rimettere in discussione elementi che sono stati oggetto di una pattuizione volontaria. La decisione, pertanto, serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la scelta di aderire a un accordo, i cui effetti preclusivi sono difficilmente superabili in sede di legittimità. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché il Ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato aveva precedentemente raggiunto un accordo sulla pena in appello (ex art. 599-bis c.p.p.), rinunciando a tutti gli altri motivi. La Cassazione ha ritenuto che tale accordo, liberamente sottoscritto, precludesse la possibilità di contestare successivamente l’entità della pena o la motivazione di aspetti non inclusi nell’accordo.

È possibile contestare l’entità della riduzione di pena dopo aver accettato un ‘patteggiamento in appello’?
No, secondo questa sentenza non è possibile. La Corte ha stabilito che la determinazione della pena nell’ambito di un accordo è frutto della libera volontà delle parti. Una volta accettata, l’entità della riduzione non può essere messa in discussione, in quanto riflette una valutazione condivisa della gravità del fatto che ha portato a quella specifica pattuizione.

Il giudice d’appello deve motivare la conferma di una misura accessoria (come l’espulsione) se l’imputato ha rinunciato ai motivi di appello?
No. La Corte ha chiarito che la rinuncia a tutti gli altri motivi di appello esonera il giudice dal dover fornire una nuova e specifica motivazione sulla conferma di misure già disposte in primo grado e non oggetto di specifica contestazione nell’accordo. La gravità del fatto e la rinuncia stessa sono considerate sufficienti a giustificare la conferma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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