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Ricorso in Cassazione: i limiti del vizio di motivazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati per truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.). La Corte chiarisce che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare i fatti, ma deve limitarsi a censure su vizi di legittimità, come una motivazione mancante o manifestamente illogica, e non sulla valutazione delle prove già effettuata nei gradi di merito.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando la Riproposizione delle Censure d’Appello è Inammissibile

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo baluardo per la revisione di una sentenza, ma i suoi confini sono rigorosamente definiti dalla legge. Non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile un ricorso che, dietro la parvenza di una censura per vizio di motivazione, celava un tentativo di rivalutare il materiale probatorio.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale riguarda due soggetti condannati nei primi due gradi di giudizio per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, previsto dall’art. 640-bis del codice penale. Secondo l’accusa, confermata dalla Corte d’Appello, gli imputati avevano ottenuto illecitamente dei finanziamenti pubblici attraverso false dichiarazioni. Nello specifico, avevano attestato falsamente di possedere la qualifica di imprenditori agricoli e di essere in possesso di titoli legittimanti, in realtà falsi o invalidi, per accedere ai fondi.

Contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e contestando la sussistenza degli elementi costitutivi del reato.

La Decisione della Corte e il Ricorso in Cassazione Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un punto cruciale del nostro ordinamento processuale: la distinzione tra il giudizio di merito e il sindacato di legittimità.

I giudici hanno osservato che le censure sollevate dalla difesa non erano nuove, ma costituivano una mera riproposizione di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. Sebbene formalmente inquadrate come un “vizio di motivazione” ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., le doglianze miravano in realtà a contestare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. In sostanza, la difesa non lamentava una motivazione assente, contraddittoria o illogica, ma proponeva una lettura alternativa delle prove, chiedendo alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. Il sindacato di legittimità è precluso dal riesaminare le prove e ricostruire la dinamica dei fatti.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione dettagliata e logicamente coerente (pagine 4-7 della sentenza impugnata), spiegando perché tutti gli elementi del reato di cui all’art. 640-bis c.p. fossero presenti:

* L’artificio: consistito nelle false dichiarazioni sulla qualifica di imprenditori agricoli e sul possesso di titoli validi.
* L’ingiusto profitto: rappresentato dalle somme indebitamente ricevute.
* Il danno per l’ente pagatore: corrispondente alle somme erogate.
* L’elemento soggettivo (dolo): la coscienza e volontà di porre in essere un atto simulatorio per ottenere un vantaggio a cui non si aveva diritto.

Poiché la motivazione della Corte d’Appello era esente da vizi logici o giuridici, il tentativo della difesa di ottenere una nuova valutazione del merito è stato correttamente ritenuto inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre un importante monito per chi intende affrontare un ricorso in Cassazione. È essenziale comprendere che la Suprema Corte non è un “terzo giudice del fatto”. Le censure devono concentrarsi su specifiche violazioni di legge o su difetti manifesti nel ragionamento del giudice di secondo grado, senza trasformarsi in una sterile richiesta di riconsiderare le prove. Un ricorso che si limita a reiterare le argomentazioni di merito già respinte in appello, proponendo una diversa lettura delle prove, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare un errore di diritto o un vizio logico nella motivazione della sentenza precedente, mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione.

Cosa significa che un ricorso non può essere una mera riproposizione dei motivi d’appello?
Significa che in Cassazione non si possono ripresentare le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello per contestare la ricostruzione dei fatti. Il ricorso deve individuare un preciso difetto di legittimità (violazione di legge o vizio di motivazione) nella decisione impugnata.

Quali elementi del reato di truffa aggravata (art. 640-bis c.p.) sono stati ritenuti sussistenti?
La Corte ha confermato la logicità della motivazione d’appello che aveva individuato: l’artificio (false dichiarazioni sulla qualifica di imprenditori e sui titoli), l’ingiusto profitto (somme ricevute), il danno per l’ente erogatore e l’elemento soggettivo (la volontà di compiere l’atto fraudolento per ottenere un vantaggio indebito).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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