Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43301 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43301 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CORDOPATRI COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/05/2024 della Corte d’appello di Reggio Calabria dato avviso alle parti;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore delle parti civili NOME NOME, NOME e COGNOME NOME, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia rigettato e che il ricorrente venga condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle suddette parti civili nel presente grado di giudizio, come da allegata nota spese;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., e all’art. 640 cod. pen., con riguardo alle ritenute non evidenza che l’imputato non aveva commesso il fatto e responsabilità dello stesso imputato ai fini civili del risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, non è consentito in questa sede, oltre a essere, altresì, manifestamente infondato;
che si deve anzitutto osservare come, pur avendo formalmente evocato la norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., in vero, il ricorrente ha lamentato una decisione erronea in quanto fondata su una valutazione
asseritamente sbagliata del materiale probatorio, di cui si contesta anche l’insufficienza ai fini della dimostrazione della responsabilità del ricorrente per i danni cagionati dalla truffa, senza considerare come sia precluso alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi;
che, sul punto, deve essere infatti ribadito il principio secondo cui la valutazione dei dati processuali e la scelta, tra i vari risultati di prova, di quel ritenuti più idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362; di recente v. Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, dep. 2020, Fasciani, Rv. 278745, in motivazione);
che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074);
che, contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, i giudici di appello, con una motivazione che non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., né alcuna violazione di norme di legge, hanno esplicato, compiutamente e con congrue e non illogiche argomentazioni, le ragioni poste alla base del loro convincimento (si vedano, in particolare, le pagg. 6-7 della sentenza impugnata);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione agli artt. 600, comma 3, e 612 cod. proc. pen., per non avere la Corte d’appello di Reggio Calabria motivato sulla richiesta di sospensione dell’esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale, non è consentito, alla luce dell’orientamento della Corte di cassazione secondo cui la mancata motivazione con riguardo alla suddetta richiesta o il rigetto della stessa sono inoppugnabili, in difetto di una previsione legislativa che ne stabilisca l’impugnazione nella presente sede (Sez. 1, n. 38911 del 08/07/2021, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 44603 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257894-01, relativa a un caso di omessa motivazione da parte della corte d’appello; Sez. 2, n. 3012 del 23/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 24604401);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
ritenuto, infine, che alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue altresì la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili NOME, NOME e COGNOME NOME, spese che si liquidano in complessivi C 3.050,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, altresì, il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 3.050, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.