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Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame del fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati condannati per rapina. La sentenza ribadisce che il ricorso in Cassazione non consente un nuovo esame del merito, ma solo un controllo di legittimità. I motivi devono essere specifici e non possono essere presentati per la prima volta in questa sede.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame del fatto e dei motivi di impugnazione

Presentare un ricorso in Cassazione rappresenta l’ultima via per contestare una sentenza di condanna, ma è un percorso irto di ostacoli procedurali. A differenza dei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione non riesamina le prove, ma si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge. Una recente sentenza (n. 4235/2024) ha ribadito con fermezza questi principi, dichiarando inammissibile il ricorso di due imputati e chiarendo i requisiti di specificità dei motivi e i limiti dell’effetto devolutivo dell’appello.

Il caso in esame: dalla condanna al ricorso

Il caso trae origine da una condanna per rapina e lesioni personali emessa dal Tribunale di Forlì e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna. I due imputati, ritenuti responsabili dei reati, decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidando la loro difesa a due distinti motivi.

I motivi del ricorso: una difesa tra merito e legittimità

La strategia difensiva si articolava su due fronti:
1. Primo motivo (presentato da uno solo degli imputati): Contestava l’affermazione di responsabilità, lamentando un’errata applicazione della legge penale (in particolare, l’art. 192 c.p.p. sulla valutazione della prova) e una motivazione omessa e contraddittoria. Secondo la difesa, la condanna si basava su indizi non sufficientemente precisi, gravi e concordanti, risultando quindi meramente congetturale.
2. Secondo motivo (presentato da entrambi): Riguardava l’erronea applicazione della legge in relazione all’aggravante del ‘travisamento del volto’, criticando anche in questo caso la motivazione come mancante, contraddittoria e illogica.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile sulla base di principi procedurali consolidati.

Il divieto di riesame del fatto nel ricorso in Cassazione

In relazione al primo motivo, la Corte ha sottolineato che, in presenza di una ‘doppia conforme’ (cioè due sentenze di merito che giungono alla stessa conclusione), le motivazioni dei due giudici possono essere lette in modo congiunto. La critica dell’imputato, tuttavia, non mirava a evidenziare un vizio di legittimità, bensì a ottenere una nuova valutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di Cassazione.

I giudici hanno chiarito che il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può ridiscutere l’attendibilità delle prove o proporre una ricostruzione alternativa dei fatti. Il ricorrente, inoltre, aveva formulato il motivo in modo confuso e promiscuo, mescolando vizi di motivazione (art. 606 lett. e c.p.p.) con violazioni di legge (art. 606 lett. b c.p.p.), rendendo il motivo aspecifico e quindi inammissibile. Il tentativo di mascherare una doglianza sul merito della valutazione probatoria come violazione di una norma processuale (l’art. 192 c.p.p.) è stato censurato come un’operazione non consentita.

L’inammissibilità dei motivi nuovi in Cassazione

Ancora più netta è stata la decisione sul secondo motivo. La Corte ha rilevato che la questione relativa all’aggravante del travisamento non era mai stata sollevata nei motivi d’appello presentati alla Corte di merito. Questo ha determinato un’interruzione della ‘catena devolutiva’.

L’effetto devolutivo dell’impugnazione impone che il giudice superiore possa pronunciarsi solo sui punti della decisione specificamente contestati. Introdurre un’argomentazione per la prima volta in Cassazione costituisce un motivo nuovo, come tale inammissibile. Non è possibile ‘saltare’ un grado di giudizio e presentare una doglianza direttamente al giudice di legittimità se questa non è stata prima sottoposta al vaglio del giudice d’appello.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre importanti spunti pratici per chiunque si appresti a redigere un ricorso in Cassazione. Innanzitutto, è fondamentale distinguere nettamente tra questioni di fatto e questioni di diritto: la Corte Suprema non è la sede per ridiscutere la colpevolezza basandosi su una diversa interpretazione delle prove. In secondo luogo, i motivi di ricorso devono essere formulati con estrema precisione tecnica, indicando in modo chiaro e specifico i vizi denunciati, senza creare confusione tra le diverse categorie previste dalla legge. Infine, viene ribadito il principio per cui non è possibile sollevare in Cassazione censure che non siano state precedentemente devolute al giudice d’appello, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove come un terzo grado di giudizio?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove. Il suo ruolo è limitato al ‘giudizio di legittimità’, ovvero verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non a dare una nuova valutazione del merito.

Cosa succede se un motivo di ricorso viene formulato in modo generico o confuso?
Un motivo di ricorso formulato in modo generico, che mescola in modo confuso vizi di motivazione e violazioni di legge, viene considerato aspecifico e, di conseguenza, inammissibile. Il ricorrente ha l’onere di indicare chiaramente e separatamente i vizi denunciati.

Si può presentare per la prima volta un’argomentazione difensiva direttamente nel ricorso in Cassazione?
No, non è possibile. A causa dell’effetto devolutivo dell’appello, i motivi del ricorso in Cassazione devono riguardare questioni già sottoposte al giudice d’appello. Introdurre un motivo nuovo interrompe la ‘catena devolutiva’ e rende il motivo stesso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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