Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46122 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46122 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 22/04/1962
avverso la sentenza del 04/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità per il reato di cui al capo b) di imputazione, è manifestamente infondato, oltre che non consentito in sede di legittimità;
che, infatti, (come emerge in particolare dalle pagg. 2 e 3 dell’impugnata sentenza), i giudici di appello, fornendo una motivazione esente dai vizi contestati, con congrue e non illogiche argomentazioni giuridiche, hanno indicato compiutamente tutti gli elementi di fatto e di diritto in virtù dei quali debba ritenersi pienamente integrata ad opera del ricorrente la fattispecie criminosa lui ascritta;
che, inoltre, deve osservarsi come, pur essendosi formalmente contestato un difetto motivazionale, si è invero censurata null’altro che una decisione erronea perché fondata su una valutazione sbagliata del materiale probatorio, prospettando una diversa lettura delle risultanze probatorie, un differente giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova ( in particolare, delle dichiarazioni rese dal prevenuto), dovendosi, invece, ribadire la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
ritenuto che anche il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in ordine all’omessa esclusione della recidiva contestata, alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. e, più in generale, in relazione all’eccessività della pena, non è consentito in questa sede, oltre che manifestamente infondato per le ragioni di seguito esposte;
che, innanzitutto, deve osservarsi come i giudici di merito abbiano fatto corretta applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui «In tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativa applicazione è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice» (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME j t Rv. 284878 – 01) – , oltre che del consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, in virtù del quale la valutazione del giudice sulla sussistenza dei presupposti applicativi della circostanza aggravante de qua non può fondarsi
107-24296/2024
esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
che, inoltre, deve sottolinearsi come la Corte territoriale abbia correttamente applicato i principi di diritto consolidati nella giurisprudenza di legittimità in base ai quali il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (ex plurimis, Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), valorizzando in tal senso anche i soli precedenti penali (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
che il ricorrente ha lamentato un inesistente diritto al minimo edittale, dovendosi invece a tal proposito ribadire che, secondo quanto affermato da questa Corte, la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che, in conclusione, deve osservarsi come nel caso di specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda nello specifico la già richiamata pag. 3 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.