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Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame del fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in Cassazione, ribadendo che non è possibile una nuova valutazione delle prove in sede di legittimità. Confermata la decisione sulla responsabilità penale, sulla recidiva e sulla congruità della pena, poiché la motivazione dei giudici di merito è stata ritenuta logica e completa.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando i motivi di appello sono inammissibili

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione, chiarendo in modo inequivocabile la distinzione tra un giudizio di legittimità e un tentativo di ottenere un terzo grado di merito. La Corte Suprema ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese processuali, sulla base di principi consolidati che meritano un’attenta analisi.

I Fatti di Causa

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando principalmente due aspetti della sentenza impugnata. In primo luogo, contestava la motivazione con cui era stata affermata la sua responsabilità penale. In secondo luogo, si doleva della mancata esclusione della recidiva contestata, della non applicazione delle circostanze attenuanti generiche e, più in generale, dell’eccessività della pena inflitta.

I motivi del ricorso in Cassazione e la loro infondatezza

Il ricorrente ha cercato di invalidare la decisione dei giudici di merito sostenendo che la loro motivazione fosse viziata. Tuttavia, la sua argomentazione si è risolta, di fatto, in una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio. L’imputato ha proposto una lettura alternativa delle prove, in particolare delle proprie dichiarazioni, tentando di sostituire il giudizio della Corte d’Appello con il proprio. Questo approccio è strutturalmente incompatibile con la natura del giudizio di legittimità.

Allo stesso modo, la critica relativa al trattamento sanzionatorio è stata considerata manifestamente infondata. La difesa ha sostenuto che la pena fosse eccessiva e che la recidiva e le attenuanti fossero state valutate erroneamente, ma senza indicare un vero e proprio vizio logico o giuridico nella decisione impugnata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni nette e basate su principi giurisprudenziali consolidati.

In primo luogo, ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo giudice del fatto. Non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta nei gradi di merito, né può verificare la tenuta logica della sentenza attraverso un confronto con modelli di ragionamento alternativi. Il suo compito è limitato a verificare se la motivazione fornita dal giudice di merito sia esente da vizi logici manifesti o da errori di diritto. Nel caso di specie, i giudici di appello avevano fornito argomentazioni congrue e non illogiche per fondare la condanna, rendendo la censura del ricorrente un mero tentativo, non consentito, di ottenere una nuova valutazione delle prove.

In secondo luogo, riguardo alla recidiva e alla pena, la Corte ha sottolineato la correttezza dell’operato dei giudici di merito. È stato richiamato un importante principio delle Sezioni Unite (sentenza Sabbatini, n. 32318/2023), secondo cui, per l’applicazione della recidiva reiterata, è sufficiente che l’imputato sia già gravato da precedenti sentenze definitive al momento della commissione del nuovo reato. Inoltre, la Corte ha confermato che il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato anche solo sulla base dei precedenti penali, che indicano una maggiore pericolosità sociale. Infine, è stato ribadito che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale deve attenersi ai criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. Una tale valutazione non è sindacabile in Cassazione, a meno che non sia palesemente arbitraria o illogica, cosa che nel caso in esame non è stata riscontrata.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza alcuni capisaldi del processo penale. Il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere i fatti, ma uno strumento per controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. I motivi di ricorso devono individuare vizi specifici e non limitarsi a proporre una diversa interpretazione delle prove. La decisione sul trattamento sanzionatorio, inclusa la valutazione della recidiva e delle attenuanti, è prerogativa del giudice di merito e può essere censurata solo in caso di manifesta illogicità. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e la credibilità dei testimoni?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità e non di merito. Non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio, né può saggiare la tenuta logica della pronuncia attraverso un confronto con modelli di ragionamento esterni. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione, non riesaminare i fatti.

Quali sono i presupposti per l’applicazione della recidiva reiterata?
Secondo un principio affermato dalle Sezioni Unite e richiamato nell’ordinanza, ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che, al momento della consumazione del nuovo reato, l’imputato risulti già gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi che siano espressivi di una maggiore pericolosità sociale. Non è necessaria una previa dichiarazione di recidiva semplice.

Il giudice è obbligato a concedere le attenuanti generiche o a fissare la pena al minimo?
No. La graduazione del trattamento sanzionatorio, la concessione delle attenuanti generiche e la fissazione della pena base rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato secondo i criteri stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Il diniego delle attenuanti può essere giustificato anche solo sulla base dei precedenti penali dell’imputato, e la decisione sulla congruità della pena non è sindacabile in Cassazione se non è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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