Ricorso in Cassazione: Quando la Corte Suprema non può riesaminare i fatti
Un’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il Ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. In questa sede, la Corte valuta solo la corretta applicazione delle norme di diritto. Analizziamo una decisione che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato, il quale cercava di ottenere una rivalutazione delle prove a suo carico.
I Fatti del Caso
Un uomo veniva condannato in primo grado per il reato di furto aggravato. La sentenza veniva successivamente confermata dalla Corte di Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito.
Il Ricorso in Cassazione e le sue motivazioni
Il ricorrente basava il suo unico motivo di ricorso sulla presunta inosservanza della legge penale e su vizi di motivazione, sostenendo che i giudici avessero travisato le prove. In sostanza, l’imputato chiedeva alla Suprema Corte di rileggere gli atti processuali e offrire un’interpretazione dei fatti diversa da quella che aveva portato alla sua condanna. Secondo la difesa, le prove, in particolare la testimonianza della persona offesa e il ritrovamento della refurtiva, erano state valutate in modo errato.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo chiaro i confini del proprio potere. I giudici hanno sottolineato che il motivo presentato dall’imputato non era ammissibile in sede di legittimità. Le lamentele, definite “mere doglianze in fatto”, non denunciavano un reale errore di diritto, ma miravano a ottenere una nuova e alternativa valutazione delle fonti di prova. Questo tipo di attività è preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito non è decidere se l’imputato sia colpevole o innocente, ma verificare che i giudici di primo e secondo grado abbiano applicato correttamente la legge e motivato in modo logico la loro decisione.
La Corte ha specificato che il “travisamento del fatto” rientra nei vizi non appellabili in questa forma e che, in ogni caso, il ricorso era generico e non individuava reali travisamenti delle risultanze processuali. Al contrario, la condanna si basava su elementi solidi, come l’attendibilità della persona offesa e il fatto che l’imputato fosse stato colto alla guida del veicolo rubato e in possesso di altra refurtiva.
Le Conclusioni: I Limiti del Giudizio di Legittimità
Questa ordinanza è un’importante lezione sul funzionamento del sistema giudiziario italiano. Chi intende presentare un Ricorso in Cassazione deve essere consapevole che non può semplicemente contestare la ricostruzione dei fatti operata nei gradi precedenti. È necessario, invece, individuare specifici errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di trasformare la Corte di Cassazione in un terzo giudice di merito è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il che significa che può solo controllare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non possiede i requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge per essere esaminato. Nel caso specifico, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele sollevate erano ‘doglianze di fatto’ e non critiche sulla corretta applicazione della legge.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11433 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11433 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIBERA il 13/06/1963
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, che ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di furto aggravato;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine alla valutazione del quadro probatorio operata dalla Corte di merito, lamentando un travisamento della prova, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché, oltre ad essere costituito da mere doglianze in fatto (e travisamento del fatto rientra nel perimetro dei vizi non devolvibili), è finalizzato prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estrane al sindacato di legittimità e avulse da pertinente individuazione di reali travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito (si vedano pag. 3 e 4 a riguardo dell’attendibilità della persona offesa e, comunque, del riscontro per cui l’imputato sia stato colto alla guida del veicolo rubato e nel possesso di altra refurtiva);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 26 febbraio 2025
Il Presidente