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Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame dei fatti

Un individuo appella la sua condanna per minacce e danneggiamento. La Suprema Corte dichiara il ricorso in Cassazione inammissibile, confermando che non può riesaminare i fatti o l’attendibilità dei testimoni, compito riservato ai giudici di merito. La Corte convalida anche il diniego delle attenuanti e la determinazione della pena, ribadendo la discrezionalità del giudice entro i limiti legali.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando l’Appello Diventa un Inutile Tentativo di Riesame dei Fatti

Il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo baluardo della giustizia, ma le sue porte non sono aperte a ogni tipo di doglianza. La sua funzione non è quella di celebrare un ‘terzo processo’ sui fatti, ma di garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. L’ordinanza n. 22392/2024 della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questi principi, dichiarando inammissibile un ricorso che tentava di rimettere in discussione l’analisi delle prove già compiuta nei gradi di merito.

Il caso in esame: condanna per minacce e danneggiamento

Un individuo veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di minaccia aggravata (aver minacciato di uccidere le vittime con un coltello) e danneggiamento (aver tentato di incendiare l’autovettura delle persone offese, causando una bruciatura sul tetto). Ritenendo ingiusta la decisione della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, articolando diverse censure.

I motivi del Ricorso in Cassazione e la risposta della Corte

L’appellante basava il suo ricorso su cinque motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte perché manifestamente infondati o non consentiti in sede di legittimità.

La contestazione sulla valutazione delle prove

I primi due motivi miravano a criticare la valutazione delle testimonianze e delle prove che avevano portato all’affermazione di responsabilità. L’imputato, in sostanza, proponeva una lettura alternativa dei fatti. La Corte ha prontamente bloccato questo tentativo, ricordando un principio cardine: il ricorso in Cassazione non può avere ad oggetto una nuova valutazione del merito. La Corte Suprema non può sovrapporre il proprio giudizio a quello dei tribunali precedenti, né può verificare la tenuta logica di una sentenza confrontandola con altri possibili modelli di ragionamento.

Il diniego delle attenuanti e la recidiva

Il ricorrente si doleva anche del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante del danno di speciale tenuità. Anche qui, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito. Per negare le attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice evidenzi elementi negativi decisivi. Riguardo al danno, la Corte d’Appello aveva correttamente notato l’assenza di prove sulla sua lieve entità.
Inoltre, la Corte ha confermato la corretta applicazione della recidiva, spiegando che il giudice deve valutare in concreto se i precedenti penali indichino una persistente inclinazione a delinquere che abbia influito sulla commissione del nuovo reato.

La discrezionalità del giudice sulla pena

Infine, è stata contestata la quantificazione della pena. La Cassazione ha ribadito che la graduazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve attenersi ai criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. Una motivazione dettagliata è richiesta solo per pene molto superiori alla media edittale, mentre per sanzioni contenute, come nel caso di specie, sono sufficienti espressioni sintetiche come ‘pena congrua’.

Le motivazioni della Cassazione: un limite invalicabile per il Ricorso in Cassazione

La decisione si fonda sulla netta distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) sono dedicati all’accertamento dei fatti attraverso l’analisi delle prove. La Corte di Cassazione, invece, interviene come ‘giudice della legge’ (giudice di legittimità). Il suo compito è assicurare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente, e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Qualsiasi tentativo di utilizzare il ricorso in Cassazione per ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove è destinato a fallire, venendo dichiarato inammissibile.

Conclusioni: l’importanza di un ricorso fondato sul diritto

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda adire la Suprema Corte. Un ricorso in Cassazione ha possibilità di successo solo se si concentra su vizi di legittimità: violazione di legge o vizi logici della motivazione palesi e manifesti. Proporre censure che mascherano una richiesta di riesame del merito non solo è infruttuoso, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso in esame.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove e l’attendibilità dei testimoni?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio. Il suo compito è verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione, non rifare il processo nel merito.

Come deve motivare un giudice il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o all’assenza di elementi positivi per giustificare il diniego.

Quando è necessario che il giudice fornisca una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
Una motivazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena è di gran lunga superiore alla misura media edittale. Per pene inferiori alla media, o per aumenti contenuti dovuti alla continuazione, sono sufficienti espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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