Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22392 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22392 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
INDIRIZZO, nato a Erice il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della Corte d’appello di Palermo
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i primi due motivi di ricorso, con i quali si deduce il vizio del motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità per i reati di cui, rispettivamente, al capo A) e al capo B) dell’imputazione, prospettando anche un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non sono consentiti dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260-01);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, rispondendo alle medesime doglianze già oggetto di appello, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità dell’imputato e della sussistenza dei reati contestati
(si vedano, in particolare, le pagg. 3-5 della sentenza impugnata, nelle quali si evidenzia come le dichiarazioni delle persone offese – motivatamente ritenute attendibili – fossero state confermate, quanto al reato di minaccia di cui al capo A, anche dai testimoni COGNOME e COGNOME e, quando al reato di danneggiamento di cui al capo B, dal testimone NOME COGNOME, padre dell’imputato, avendo, la Corte d’appello, altresì evidenziato il turbamento psichico delle persone offese che era stato determinato dalla minaccia di ammazzarle con un coltello);
considerato che il terzo motivo, con il quale si deduce violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è manifestamente infondato, atteso che: a) secondo il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nel motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, non è necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativ ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, come avvenuto nella speci (si veda, in particolare, la pag. 5); b) la Corte d’appello ha congruamente evidenziato la mancanza di qualsiasi prova della speciale tenuità del danno (bruciatura sul tetto) arrecato all’autovettura delle persone offese, alla quale l’imputato aveva cercato di appiccare il fuoco;
reputato che il quarto motivo, con il quale si deduce violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva, è manifestamente infondato, atteso che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità in tema di applicazione della suddetta circostanza aggravante, secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto a esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore crinninogeno per la commissione del reato sub iudice (si vedano, in particolare, le pagg. 5-6);
ritenuto che il quinto motivo, con il quale si deduce violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio, non è consentito in sede di legittimità poiché la graduazione della pena, anche con riguardo agli aumenti per la continuazione, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., come è avvenuto nella specie alla pag. 6, e quando la pena sia inferiore alla media
edittale è sufficiente che il giudice, per assolvere al proprio obbligo di motivazione, utilizzi espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media o l’aumento per la continuazione non si appalesi, come nella specie, del tutto contenuto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 16 aprile 2024.