Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi sono Inammissibili?
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel sistema penale italiano, ma non rappresenta un’opportunità per ridiscutere l’intera vicenda processuale. Una recente ordinanza della Suprema Corte (n. 12052/2024) lo ribadisce con chiarezza, dichiarando inammissibile l’impugnazione di un condannato per furto e delineando i confini invalicabili del giudizio di legittimità.
Il Caso: Dal Furto al Ricorso in Cassazione
La vicenda trae origine da una condanna per il reato di furto, confermata sia in primo grado sia dalla Corte d’Appello di Ancona. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, affidando la sua difesa a due motivi principali: la presunta errata valutazione delle prove e la sproporzione della pena inflitta.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
L’analisi della Suprema Corte si è concentrata sulla natura dei motivi addotti dal ricorrente, valutandone l’ammissibilità alla luce dei poteri del giudice di legittimità.
La Contestazione sulla Valutazione delle Prove
Il primo motivo di ricorso lamentava una violazione dell’articolo 192 del codice di procedura penale, che disciplina la valutazione della prova. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riconsiderare i fatti e le prove in modo diverso da come aveva fatto il giudice di merito. La Corte ha respinto nettamente questa richiesta, qualificandola come un tentativo di ottenere una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, attività preclusa in sede di legittimità. Il convincimento del giudice di merito, se supportato da una motivazione logica e coerente, non può essere messo in discussione.
La Proporzionalità della Pena in Discussione
Il secondo motivo contestava la violazione degli articoli 133 e 62-bis del codice penale, sostenendo che la pena fosse sproporzionata. Anche in questo caso, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile e manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che la ‘graduazione della pena’ è un’attività che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo, nel decidere l’entità della sanzione, deve attenersi ai principi generali stabiliti dalla legge (artt. 132 e 133 c.p.), ma la sua scelta non è sindacabile se viene fornita una motivazione congrua, come avvenuto nel caso di specie.
Le Motivazioni: I Limiti del Ricorso in Cassazione
La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. I giudici di primo e secondo grado hanno il compito di ricostruire il fatto storico e valutare le prove. La Corte di Cassazione, invece, ha il ruolo di ‘guardiano della legge’, ovvero di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e che la loro motivazione sia esente da vizi logici evidenti.
Per questo motivo, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a proporre una diversa interpretazione delle prove o a lamentare la severità della pena. Per essere ammissibile, deve individuare specifici errori di diritto o palesi illogicità nel ragionamento del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. Tentare di trasformare la Cassazione in un terzo grado di merito è un errore che porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza in esame offre un importante monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale davanti alla Suprema Corte. È fondamentale comprendere che il ricorso in Cassazione è uno strumento tecnico, che deve essere utilizzato per sollevare questioni di puro diritto. La contestazione dei fatti o la richiesta di una pena più mite, senza evidenziare vizi specifici nella motivazione della sentenza, non solo non ha speranza di successo, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come accaduto al ricorrente nel caso di specie, condannato a versare 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti di un processo con un ricorso in Cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che il ricorso in Cassazione non è la sede per ottenere una nuova ricostruzione dei fatti. Tale valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello), e la Suprema Corte può intervenire solo in caso di vizi logici o giuridici palesi nella motivazione, non per offrire una ‘rilettura’ degli elementi di prova.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena considerata troppo alta?
Non direttamente. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione del giudice è priva di motivazione o manifestamente illogica, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente solo perché la pena appare severa. Il giudice deve semplicemente motivare la sua scelta facendo riferimento agli elementi previsti dagli articoli 132 e 133 del codice penale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nell’ordinanza è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12052 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a OULED ABBOU( MAROCCO) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
1.Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato dichiarato responsabile del delitto di furto;
2.Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 192 cod. proc.pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 4). Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
3.Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 133 cod. pen. e 62-bis cod. pen. asserendo la sproporzionalità del trattamento non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; Nella specie, l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza impugnata);
4.Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07 febbraio 2024.