Ricorso in Cassazione: Quando la Rivalutazione dei Fatti è Preclusa
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio cardine del nostro ordinamento: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di merito. Attraverso l’analisi di un caso di truffa, la Suprema Corte spiega perché non può sostituirsi ai giudici dei tribunali e delle corti d’appello nella valutazione delle prove, come le testimonianze, e quali sono i criteri per contestare validamente la determinazione della pena.
I Fatti alla base del Ricorso
Il caso nasce da un ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale. L’imputato si è rivolto alla Corte di Cassazione sollevando due questioni principali:
1. Un presunto vizio della motivazione della sentenza d’appello, sostenendo che i giudici non avessero valutato correttamente le dichiarazioni della persona offesa e dei testimoni.
2. Una critica alla pena inflitta, ritenuta eccessiva, e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova e diversa lettura delle prove raccolte, in contrasto con quanto deciso dalla Corte d’Appello.
La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su argomentazioni solide e consolidate nella giurisprudenza, che delineano nettamente il perimetro delle competenze del giudice di legittimità rispetto a quello del giudice di merito.
Le Motivazioni: il ruolo della Cassazione nel ricorso
La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi del ricorso, smontandoli entrambi sulla base di principi procedurali chiari.
Il Divieto di Rivalutazione delle Prove
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di condurre una “rivalutazione delle risultanze processuali”. Non può, cioè, riascoltare virtualmente i testimoni o rileggere i documenti per dare una propria interpretazione dei fatti. Questo compito spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (i cosiddetti giudici di merito). Alla Cassazione è preclusa la possibilità di contrapporre una propria ricostruzione dei fatti a quella, logicamente argomentata, del giudice precedente. Il suo controllo è limitato a verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia coerente, logica e non contraddittoria, non a stabilire se un’altra interpretazione fosse possibile.
La Motivazione sulla Pena e le Attenuanti Generiche nel ricorso in Cassazione
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La Corte ha spiegato che, nel negare le circostanze attenuanti generiche, il giudice di merito non è obbligato a prendere in esame ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole all’imputato. È sufficiente che la sua decisione sia basata su alcuni elementi ritenuti decisivi. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la sua scelta facendo riferimento a tre fattori chiave:
* La gravità del fatto: l’azione criminale è stata ritenuta particolarmente seria.
* La mancanza di resipiscenza: l’imputato non ha mostrato alcun segno di pentimento.
* La presenza di precedenti penali: l’imputato aveva già commesso altri reati in passato.
Questi elementi, secondo la Cassazione, costituiscono una motivazione più che sufficiente per giustificare sia la severità della pena sia il diniego delle attenuanti.
Conclusioni
Questa ordinanza è un importante promemoria sulle regole che governano il ricorso in Cassazione. Chi intende impugnare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte non può limitarsi a esprimere il proprio disaccordo con la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello. È necessario, invece, individuare specifici vizi di legittimità, come un’evidente illogicità nella motivazione o un’errata applicazione della legge. La decisione finale ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma a favore della Cassa delle ammende, a sottolineare l’infondatezza delle sue pretese.
Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove, come le testimonianze, in un processo penale?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione delle prove. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non ricostruire i fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non erano consentiti. Il primo motivo chiedeva una rivalutazione delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il secondo motivo, sulla pena, è stato ritenuto manifestamente infondato perché la decisione del giudice d’appello era adeguatamente motivata.
Quali elementi ha considerato il giudice per negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice di merito ha negato le attenuanti generiche basandosi su elementi ritenuti decisivi, quali la gravità del fatto, la mancanza di resipiscenza (pentimento) da parte dell’imputato e la presenza di precedenti penali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34855 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34855 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN DONA DI PIAVE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia vizio della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 640 cod. pen., non è formulato in termini consentiti dalla legge in questa sede, poiché il ricorrente, con doglianze già esaminate e disattese dalla Corte territoriale con congrua e lineare motivazione (si veda pag. 5 della impugnata sentenza), ha sollecitato una rivalutazione delle risultanze processuali (in particolare delle dichiarazioni rese della persona offesa e dai testimoni), mentre deve ribadirsi come a questa Corte sia preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. U., n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si è contestato il giudizio sulla pena, in ordine alla ritenuta eccessività della stessa e alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, risulta manifestamente infondato, avendo i giudici di appello adeguatamente assolto l’onere argomentativo sul punto;
che con riferimento al mancato riconoscimento delle suddette diminuenti deve sottolinearsi che, per consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 , Pettinelli, Rv. 271269 – 01), non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (si veda pag. 6, ove si è sottolineata la gravità del fatto, la mancanza di resipiscenza e la presenza di precedenti penali);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 15 luglio 2025.