Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6511 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6511 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello Brescia che ha confermato la sentenza del Tribunale di Mantova di condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale;
Premesso che la memoria presentata dalla difesa dell’imputato 1’11 gennaio 2024 è intempestiva, in quanto non rispettosa del termine di cui all’art. 611 cod. proc. pen. e ch ogni caso, essa non contiene considerazioni utili a sovvertire le argomentazioni di segui riportate;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta vizio di motiva quanto al giudizio circa la simulazione dell’acquisto delle quote da parte del prevenuto indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli st considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipi funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Considerato, inoltre, che il medesimo motivo è portatore di una critica diretta ad otten una rivalutazione del materiale istruttorio, secondo un approccio che non è consentito in sed di legittimità A questo proposito, il Collegio accede all’esegesi – fatta propria anche d Sezioni Unite – secondo cui, nel giudizio presso la Corte di cassazione, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne pro conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimit giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione que una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazi in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legit mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione del risultanze processuali; l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisi infatti, un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazi essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un l apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verific l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare i convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, se non, in quest’ultimo ca nelle ipotesi di errore del giudice nella lettura degli atti interni del giudizio denu sempre nel rispetto della catena devolutiva, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), u
parte, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005, in motivazione Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). Non vi è spazio, dunque, per l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli ado dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; pronunzia che trova precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507). In questa ottica si collocano anche le pronunzie secondo le quali, pur a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittim travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di meri (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME e altri, Rv. 238215).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta vizio di motivaz quanto alla mancata assunzione della prova testimoniale dei fratelli COGNOME COGNOME d commercialista COGNOME – non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costit da mere doglianze in punto di fatto, che non disvelano crepe nella risposta resa dalla Cort territoriale ma che, ancora una volta, adducono circostanze di fatto a supporto del rivisitazione del giudizio in ordine alla superfluità dell’attività oggetto della ri rinnovazione;
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta vizio di motiva quanto alla dimostrazione del dolo con riguardo alla responsabilità per bancarotta fraudolenta è indeducibile per le stesse ragioni di cui al primo motivo di ricorso;
Rilevato che il quarto motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione di quanto all’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 216, comma 1, n.2 in luogo dell’ar 217, comma 2, legge fallimentare – patisce gli stessi limiti del primo e del terzo motivo ricorso;
Rilevato che il quinto motivo – con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione quanto a dimostrazione della gravità del fatto commesso, ai fini della valutazione degli effetti della – non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perch secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche i relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuant per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la eserc aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. e che il relativo o
motivazionale è tanto più attenuato quanto più la pena si avvicini al minimo edittale; che ne specie è stata inflitta la pena di due anni e quattro mesi di reclusione e che l’o argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare, pag. 6 della s impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 18 gennaio 2024.