Ricorso in Cassazione: Quando la valutazione dei fatti è insindacabile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Con questa decisione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’appello di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione, chiarendo i confini invalicabili tra il giudizio di merito e quello di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per un episodio di violenza perpetrato da un figlio ai danni del padre. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, tale violenza era stata strumentale a una richiesta estorsiva, formulata in seguito al rifiuto del genitore di cedere a precedenti richieste. L’imputato, non accettando la condanna, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso
La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali:
1. Errata valutazione delle prove: Si contestava la ricostruzione dei fatti operata dai giudici, sostenendo una diversa interpretazione degli elementi probatori. Secondo la difesa, la violenza non era legata alla presunta richiesta estorsiva, ma andava letta in un contesto diverso.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava il fatto che la Corte d’Appello non avesse concesso le circostanze attenuanti generiche, nonostante le particolari condizioni psichiche dell’imputato.
La Decisione sul Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione, che sono di fondamentale importanza per comprendere il ruolo e i limiti della Suprema Corte.
Il Divieto di Rivalutazione del Fatto
Riguardo al primo motivo, la Corte ha sottolineato che l’imputato non stava denunciando una violazione di legge, ma stava proponendo una lettura alternativa dei fatti. Questa operazione è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non è un “super giudice” che può riesaminare testimonianze, perizie o documenti per decidere chi ha ragione. Il suo compito è solo quello di verificare se i giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello) hanno applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una spiegazione coerente del perché la violenza fosse legata all’estorsione, la Cassazione non ha potuto far altro che prenderne atto, senza poterla mettere in discussione.
La Motivazione sulle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Suprema Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva adeguatamente motivato il diniego delle attenuanti. I giudici di merito avevano considerato sia elementi oggettivi del reato sia la personalità dell’imputato, ritenendo che non meritasse uno sconto di pena. Inoltre, le condizioni psichiche dell’imputato erano già state prese in considerazione e valutate per il riconoscimento della diminuente per vizio parziale di mente (art. 89 c.p.). La valutazione del giudice di merito, se correttamente motivata, è insindacabile.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta separazione tra il giudizio di fatto e il giudizio di diritto. I primi due gradi di giudizio servono ad accertare come sono andate le cose. Il ricorso in Cassazione, invece, serve a garantire l’uniforme interpretazione della legge su tutto il territorio nazionale. Consentire alla Cassazione di rivedere i fatti significherebbe trasformarla in un terzo grado di merito, snaturando la sua funzione e allungando a dismisura i tempi della giustizia. La decisione di inammissibilità, quindi, non è un formalismo, ma una scelta che tutela l’architettura del processo penale. Allo stesso modo, la valutazione sulle attenuanti generiche è una delle massime espressioni del potere discrezionale del giudice di merito, che la Cassazione può sindacare solo in caso di motivazione assente, illogica o contraddittoria, vizi non riscontrati nel caso di specie.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione: è essenziale concentrarsi su questioni di pura legittimità. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche un’ulteriore sanzione economica. La decisione ribadisce che la ricostruzione dei fatti, una volta cristallizzata in una sentenza di appello con motivazione adeguata, diventa definitiva e non più discutibile davanti alla Suprema Corte.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non contestavano vizi di legge, ma miravano a ottenere una diversa interpretazione degli elementi probatori, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45706 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CARBONIA il 04/08/1987
avverso la sentenza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo ed il secondo motivo del ricorso, con cui la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla strumentalità della violenza posta in essere dal ricorrente ai danni del padre in occasione dell’episodio del 7.7.2019, è formulato in termini non consentiti in sede di legittimità risolvendosi in una difforme interpretazione degli elementi probatori acquisiti rispetto a quella sposata dai giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ravvisare gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice contestata considerando, in particolare, il contesi:o in cui si era consumato l’episodio che, con valutazione prettamente “in fatto”, è stato inteso come diretto ad insistere nella richiesta estorsiva dopo il rifiuto opposto dal genitore; né è consentito al giudice di legittimità procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati da giudice del merito (cfr., Sez. 6 – , n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 261041200E , , Bosco, Rv. 234148);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato in presenza (cfr., pag. 6-7 della sentenza impugnata) di una motivazione che non soltanto ha dato contezza degli elementi ostativi sia sul piano oggettivo che della valutazione della personalità del ricorrente ma, per altro verso, non ne ha affatto disconosciuto le condizioni psichiche che, con giudizio insindacabile in questa sede, ha considerato esaustivamente valutate ai fini del riconoscimento della diminuente di cui all’art. 89 cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 5/11/2024