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Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame dei fatti

Un’imputata, condannata per il reato di cui all’art. 95 D.P.R. 115/2002, ha presentato appello alla Suprema Corte. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti del processo, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. Il ricorso in Cassazione che mira a una ‘rilettura’ delle prove è quindi destinato al fallimento.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Inammissibile se Chiede un Riesame dei Fatti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio nel merito. Quando i motivi di appello mirano a una semplice ‘rilettura’ degli elementi di fatto già valutati dai giudici precedenti, l’esito è segnato: l’inammissibilità. Analizziamo questa importante decisione per comprendere i limiti del sindacato di legittimità.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Torino, per il reato previsto dall’articolo 95 del D.P.R. 115/2002. La pena inflitta era di sei mesi di reclusione e 200,00 euro di multa. Questo articolo sanziona chi rende dichiarazioni false o omette informazioni rilevanti al fine di ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Contro la sentenza di appello, la difesa dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due specifici motivi.

I motivi del Ricorso in Cassazione e i limiti di valutazione

I motivi presentati dalla difesa erano incentrati su una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In sostanza, si contestava il modo in cui i giudici di merito avevano riconosciuto sia l’elemento oggettivo (la condotta materiale) sia l’elemento soggettivo (la volontà colpevole) del reato. L’obiettivo era chiaro: ottenere dalla Suprema Corte una diversa valutazione delle circostanze e delle prove emerse nel processo, ritenuta più favorevole all’imputata.

Tuttavia, la strategia difensiva si è scontrata con la natura stessa del giudizio di legittimità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo netto e inequivocabile le ragioni di tale decisione. I giudici hanno ribadito che esula dai poteri della Corte di Cassazione procedere a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto. L’apprezzamento delle prove e la ricostruzione della vicenda sono compiti riservati in via esclusiva al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Il ruolo del Giudice di Legittimità

La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti, neppure se una diversa ricostruzione dei fatti potesse apparire ugualmente logica o più adeguata. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. Anche dopo le modifiche all’art. 606 del codice di procedura penale, la natura del sindacato della Cassazione rimane immutata: è preclusa la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto.

La ricorrente, secondo la Corte, non ha evidenziato vizi di legittimità, ma ha invocato un’inammissibile considerazione alternativa del materiale probatorio. In altre parole, ha chiesto ai giudici di Cassazione di fare ciò che la legge non consente loro: un nuovo processo sui fatti. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto senza un esame del merito delle censure.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. È cruciale comprendere che la Suprema Corte non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove si possono ridiscutere le prove. I motivi di ricorso devono essere rigorosamente incentrati su questioni di diritto: l’errata interpretazione di una norma, un vizio procedurale o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. Qualsiasi tentativo di sollecitare una nuova valutazione dei fatti si scontrerà inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità, con la conseguenza della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti non contestavano vizi di legittimità (come l’errata applicazione della legge), ma chiedevano una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che è di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo e secondo grado) e non della Corte di Cassazione.

Qual è la differenza fondamentale tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità?
Il giudizio di merito (Tribunale e Corte d’Appello) si occupa di ricostruire i fatti, valutare le prove (testimonianze, documenti, perizie) e decidere sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato. Il giudizio di legittimità (Corte di Cassazione) non riesamina i fatti, ma controlla che i giudici di merito abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione per l’imputato?
La dichiarazione di inammissibilità comporta due conseguenze principali: primo, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva ed esecutiva; secondo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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