Ricorso in Cassazione: Perché non si possono riesaminare i fatti?
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove. Con questa decisione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’appello di due persone condannate per bancarotta fraudolenta, chiarendo i confini invalicabili tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
I fatti del caso
Due soggetti erano stati condannati in primo grado e in appello per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, avevano sottratto beni dal patrimonio di un’azienda fallita a danno dei creditori. In particolare, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione dettagliata, identificando i ruoli specifici dei due imputati: una come soggetto direttamente coinvolto nella gestione della società fallita e l’altro come beneficiario delle distrazioni patrimoniali.
Non soddisfatti della sentenza, gli imputati hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge nella valutazione della loro responsabilità penale. In sostanza, hanno chiesto alla Suprema Corte di fornire una ‘rilettura’ degli elementi di prova, proponendo una ricostruzione dei fatti diversa e, a loro dire, più corretta di quella adottata dai giudici precedenti.
I limiti del ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa impostazione, dichiarando i ricorsi manifestamente infondati e quindi inammissibili. Gli Ermellini hanno ricordato che il giudizio di legittimità ha una funzione ben precisa: verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può, invece, trasformarsi in una nuova valutazione delle prove o in una ricostruzione alternativa dei fatti.
Questo potere, noto come ‘giudizio di fatto’, è riservato in via esclusiva al giudice di merito, ovvero al Tribunale e alla Corte d’Appello. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare le risultanze processuali per trarne conclusioni diverse equivale a snaturare la sua funzione.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha sottolineato che la motivazione della Corte d’Appello era puntuale, logica e giuridicamente corretta. I giudici di secondo grado avevano spiegato in modo esauriente e coerente perché le condotte degli imputati integravano il reato di bancarotta fraudolenta e come i loro ruoli fossero ben definiti: uno di gestione diretta della società e l’altro di beneficiario delle operazioni illecite.
Di fronte a una motivazione così solida, il tentativo dei ricorrenti di proporre una ‘diversa lettura’ delle prove è stato ritenuto un’iniziativa non consentita in sede di legittimità. La Suprema Corte ha citato numerosi precedenti giurisprudenziali, anche delle Sezioni Unite, che consolidano questo principio, impedendo ‘l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti’.
Le conclusioni
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Come conseguenza, la condanna per bancarotta fraudolenta diventa definitiva. Inoltre, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un importante monito: il ricorso in Cassazione deve essere basato su vizi di legge concreti (errori nell’interpretazione o applicazione di una norma) o su vizi logici evidenti della motivazione, e non può essere utilizzato come un pretesto per ottenere un terzo giudizio sui fatti del processo.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non consente una rivalutazione degli elementi probatori. Questo compito è esclusivo dei giudici di merito, ovvero il Tribunale e la Corte d’Appello.
Per quale motivo il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i ricorrenti, anziché denunciare specifiche violazioni di legge, hanno tentato di proporre una diversa lettura delle risultanze processuali, chiedendo di fatto alla Corte di Cassazione un nuovo giudizio sui fatti, cosa non permessa.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna impugnata. Inoltre, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31096 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31096 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME natqa LAMEZIA TERME il 17/11/1942 NOME nato a LAMEZIA TERME il 20/05/1974
avverso la sentenza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Considerato che NOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che ha confermato la condanna dei ricorrenti per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione;
Ritenuto che i due motivi di ricorso – che denunziano violazione di legge quanto al giudizio di penale responsabilità degli imputati – sono manifestamente infondati giacché, nel giudizio di legittimità, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli element probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del meri chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto pos fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merit senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260). Più di recente si è sostenuto che, nel giudizio di cassazione, sono precluse al Giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnat l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 Ud dep. 2021, F.; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; pronunzie che trovano precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
Nel caso di specie, la Corte di merito ha fornito una motivazione puntuale, logica e giuridicamente corretta, sia in ordine all’affermazione della responsabilità penale degli odiern ricorrenti, sia in relazione alla corretta qualificazione giuridica dei fatti come banca fraudolenta. In particolare, la Corte di appello ha evidenziato, con motivazione esaustiva e coerente, come le condotte attuate dai ricorrenti siano idonee a qualificare i loro ruoli qua soggetti direttamente coinvolti nella gestione della fallita (la Costantino) e di beneficiari distrazioni (entrambi); dal canto loro, i ricorrenti reagiscono a questa impostazion proponendo una diversa lettura delle risultanze istruttorie, non consentita in sede d legittimità.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09 luglio 2025
GLYPH
Il consigliere estensore
Il Presidente