Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame dei fatti e dei motivi d’appello
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione, chiarendo due principi fondamentali della procedura penale: l’impossibilità di un riesame del merito e la necessità di presentare tutte le doglianze già in sede di appello. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per truffa, ribadendo la natura del proprio giudizio come controllo di pura legittimità.
I Fatti del Processo: Dalla Condanna per Truffa all’Appello
Il caso nasce dalla condanna di un uomo per il reato di truffa continuata, ai sensi degli artt. 81 e 640 del codice penale. La sentenza di condanna, emessa in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso presso la Corte di Cassazione, affidandosi a due distinti motivi.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomentazioni principali, entrambe respinte dalla Suprema Corte per ragioni procedurali e di merito.
La Contestazione sulla Ricostruzione dei Fatti
Il primo motivo del ricorso in Cassazione contestava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale. In sostanza, la difesa tentava di proporre una diversa lettura delle prove raccolte, una differente ricostruzione storica dei fatti e un nuovo giudizio sulla rilevanza degli elementi processuali. Un tentativo di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.
La Violazione della Legge sull’Istituto della Continuazione
Con il secondo motivo, si lamentava un’errata applicazione dell’articolo 81 del codice penale, relativo all’istituto della continuazione tra reati. Anche questa censura, tuttavia, presentava un vizio procedurale insormontabile.
La Decisione della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso nella sua interezza. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ribadito che alla Corte è preclusa la possibilità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi. Il suo ruolo non è quello di verificare se i fatti si siano svolti in un modo piuttosto che in un altro, ma solo di controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non in contrasto con la legge.
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile, ma per una ragione puramente procedurale. La Corte ha rilevato che la specifica contestazione sull’applicazione della continuazione non era stata presentata come motivo autonomo e specifico nel precedente atto di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, sancisce l’inammissibilità dei motivi non dedotti in appello, impedendo di sollevare per la prima volta in Cassazione questioni che dovevano essere discusse nel secondo grado di giudizio.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. La Corte sottolinea come la Corte d’Appello avesse confermato la sentenza di primo grado per relationem, ma con una motivazione ‘esente da vizi’, esplicitando le ragioni del proprio convincimento. I giudici territoriali avevano correttamente argomentato sui presupposti materiali e soggettivi del reato di truffa, distinguendolo dall’insolvenza fraudolenta. Di fronte a una motivazione logica e giuridicamente corretta, il tentativo del ricorrente di introdurre ‘modelli di ragionamento mutuati dall’esterno’ per saggiare la tenuta logica della pronuncia è stato considerato inammissibile. Il ricorso in Cassazione non può essere uno strumento per proporre letture alternative del quadro probatorio.
Le Conclusioni
La decisione consolida la funzione della Corte di Cassazione come giudice della legge e non del fatto. Le parti processuali devono essere consapevoli che il ricorso in Cassazione non offre una terza possibilità di discutere il merito della causa. È essenziale che tutti i motivi di doglianza siano chiaramente e specificamente articolati fin dall’atto di appello, poiché le omissioni non potranno essere sanate nel successivo grado di giudizio. L’ordinanza serve da monito: la strategia difensiva deve essere completa e ben definita fin dalle prime fasi del processo, pena la preclusione e l’inammissibilità delle proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo e le prove?
No, l’ordinanza chiarisce che alla Corte di Cassazione è precluso sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella dei giudici di merito. Il suo compito è limitato a un controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e sulla coerenza logica della motivazione della sentenza, non può effettuare una nuova ricostruzione dei fatti.
Cosa accade se un motivo di ricorso non viene specificamente sollevato nell’atto di appello?
Se una specifica censura non viene dedotta come autonomo e specifico motivo di appello, non può essere proposta per la prima volta in Cassazione. Come stabilito dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, tale motivo sarà dichiarato inammissibile.
Può una Corte d’Appello confermare una sentenza di primo grado semplicemente richiamandola?
Sì, può farlo attraverso una motivazione ‘per relationem’, ma a condizione che la sentenza di primo grado sia a sua volta ben motivata. Come avvenuto nel caso di specie, la Corte territoriale ha comunque esplicitato le ragioni del suo convincimento, rendendo la motivazione completa e non viziata, e quindi non censurabile in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 881 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 881 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 17/07/1966
avverso la sentenza del 06/03/2024 della Corte d’appello di Roma
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del ricorrente ex artt. 81 e 640 cod. pen., non è consentito in questa sede, poiché risulta teso a prospettare una diversa lettura dei dati probatori, una diversa ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rilevanza delle risultanz processuali, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre: Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che la Corte territoriale, riconfermando integralmente e richiamando per relationem la sentenza del primo giudice, con motivazione esente da vizi, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le pag. 1 e
2 della sentenza impugnata), ponendo corretti argomenti logici e giuridici a base della ritenuta integrazione dei presupposti sia materiali sia soggettivi del reato di truffa da parte dell’odierno ricorrente e della ritenuta impossibilità di configurar nel contegno dello stesso i soli estremi del reato di insolvenza fraudolenta (cfr. Sez. 6, n. 10136 del 17/02/2015, COGNOME, Rv. 262801-01; Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rv. 278231-01, anche se con specifico riferimento alla vendita di beni online; Sez. 5, n. 44659 del 21/10/2021, COGNOME, Rv. 282174-01);
ritenuto che il secondo motivo, con cui si lamenta violazione di legge in relazione all’art. 81 cod. pen. per avere la Corte territoriale erroneamente applicato l’istituto della continuazione non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come autonomo e specifico motivo di appello secondo quanto è prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda la pag. 1), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.