Ricorso in Cassazione: Quando il Riesame dei Fatti è Inammissibile
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta i paletti invalicabili del giudizio di legittimità. Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale comprendere che non si tratta di un terzo grado di giudizio dove ridiscutere le prove e i fatti. La Corte Suprema ha il compito di assicurare l’uniforme interpretazione della legge, non di sostituirsi al giudice di merito nella valutazione delle prove. L’ordinanza in esame offre un esempio emblematico di come vengono trattati i ricorsi che tentano di superare questi limiti.
Il Contesto: Due Ricorsi contro la Sentenza d’Appello
Il caso nasce dai ricorsi presentati da due individui condannati dalla Corte d’Appello. Entrambi hanno impugnato la sentenza, ma con motivazioni distinte, che hanno incontrato la stessa sorte: l’inammissibilità o il rigetto. Il primo ricorrente lamentava il mancato riconoscimento di un’attenuante e l’eccessività della pena. Il secondo, invece, contestava la sua dichiarazione di responsabilità, sostenendo un’illogicità nella motivazione basata su una diversa valutazione delle prove.
I Limiti del Ricorso in Cassazione: Il Primo Appello
La Corte ha esaminato i due motivi del primo ricorso, bocciandoli entrambi.
Genericità e Mancato Riconoscimento delle Attenuanti
Il primo motivo, relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p. (danno di speciale tenuità), è stato dichiarato inammissibile per genericità. Secondo la Corte, il ricorso era privo dei requisiti specifici richiesti dall’art. 581 c.p.p., poiché non indicava chiaramente gli elementi a sostegno della censura. Di fronte a una motivazione della sentenza d’appello ritenuta logicamente corretta, il ricorrente non ha fornito argomenti specifici che consentissero alla Corte di Cassazione di vagliare la critica.
Discrezionalità del Giudice e Eccessività della Pena
Il secondo motivo, che contestava l’eccessività della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la determinazione dell’entità della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei principi degli artt. 132 e 133 c.p., non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata, come nel caso di specie, dove il giudice aveva fatto riferimento a elementi decisivi e rilevanti.
La Valutazione delle Prove nel Ricorso in Cassazione: Il Secondo Caso
L’unico motivo del secondo ricorso contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla condanna per il reato di cui agli artt. 110 e 493 ter c.p. Il ricorrente denunciava l’illogicità della motivazione proponendo, in sostanza, una lettura alternativa delle prove.
Anche questo ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha sottolineato che la legge le preclude non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella dei giudici di merito, ma anche di testare la tenuta logica della sentenza attraverso un confronto con modelli di ragionamento alternativi.
Il Ruolo delle Prove: Videocamere e Riconoscimento
La Corte ha evidenziato come il giudice di merito avesse basato la sua decisione su una motivazione esente da vizi logici, fondata su elementi probatori concreti e convergenti. Tra questi, spiccavano le riprese delle videocamere di sicurezza, corroborate dal riconoscimento dell’imputato effettuato dagli agenti di Polizia Giudiziaria. Di fronte a un apparato motivazionale così solido, ogni tentativo di rimettere in discussione il merito dei fatti si è rivelato infruttuoso.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono nette e riaffermano la natura del giudizio di legittimità. Per il primo ricorrente, i motivi sono stati respinti perché o troppo vaghi (genericità) o perché вторгались в un’area di discrezionalità del giudice di merito (quantificazione della pena) supportata da una motivazione congrua. Per il secondo ricorrente, la decisione si fonda sulla preclusione assoluta per la Corte di Cassazione di agire come un ‘terzo giudice’ dei fatti. La logica della motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta solida e coerente, basata su prove concrete. Citando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di cercare un’altra possibile ricostruzione dei fatti, ma di verificare se quella adottata dal giudice di merito sia immune da vizi logici e giuridici.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza serve da monito: un ricorso in Cassazione non è un’opportunità per un nuovo processo. Le strategie difensive devono concentrarsi esclusivamente sui vizi di legittimità della sentenza, come la violazione di legge o un’illogicità manifesta della motivazione che emerga dal testo stesso del provvedimento. Proporre una semplice rilettura delle prove o contestare la valutazione del giudice sull’entità della pena, senza individuare un vizio specifico e ben argomentato, porta quasi inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità. Per avere successo in Cassazione, è indispensabile formulare censure precise, tecniche e strettamente attinenti al diritto.
È possibile contestare l’entità della pena con un ricorso in Cassazione?
No, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, secondo quanto stabilito in questa ordinanza, non è consentita una contestazione in sede di legittimità se la motivazione del giudice è adeguata e priva di vizi logici.
Perché un motivo di ricorso in Cassazione può essere considerato ‘generico’?
Un motivo è considerato generico quando non indica in modo specifico gli elementi su cui si basa la censura, come richiesto dall’art. 581 c.p.p., impedendo al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i rilievi mossi e di esercitare il proprio controllo.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come i filmati di una videocamera, per decidere se un imputato è colpevole?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio. Il suo compito è verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza, non riesaminare i fatti o l’attendibilità delle fonti di prova.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17757 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17757 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a MACERATA il 26/04/1974 NOME nato il 25/01/1986
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Lettii ricorsi di NOME COGNOME e COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME che contesta la correttezza della motivazione posta a base del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen., è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta (cfr. pag. 8), non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso di NOME COGNOME che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, i particolare pag. 8 della sentenza impugnata);
ritenuto che l’unico motivo di ricorso di COGNOME COGNOME che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 110 e 493 ter cod. pen., denunciando la illogicità dell motivazione sulla base di un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante l preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento nella parte in cui ha correttamente ritenuto il ricorrente pienamente responsabile del delitto contestato alla luce di numerosi elementi probatori, tra cui, le riprese delle videocamere di sicurezza corroborate dal riconoscimento dell’imputato operato dagli agenti della Polizia Giudiziaria (si
veda, in particolare, pag. 7L facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 18/03/2025
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Il Consigliere est.
Il Presidente