Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11002 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11002 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LIVORNO il 09/04/1968
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 22 febbraio 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale di Livorno del 28 aprile 2019 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 800,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, eccependo, con due distinti motivi: inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 192, comma 2, e 530, comma 2, cod. proc. pen. per erronea configurazione della sua responsabilità penale; erronea applicazione di legge nonché mancanza e illogicità manifesta della motivazione con riguardo all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima doglianza, deve essere osservato come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945-01).
La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01).
In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come l’imputato in realtà invochi un’inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio in atti, e,
quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova e di qualificazione del fatto delittuoso, senza confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguito d giudici di merito, mediante cui sono pervenuti ad affermare, in ragione del complessivo compendio probatorio in atti (cfr. pp. 2 e s. della sentenza impugnata), il pieno riconoscimento della responsabilità penale del prevenuto in ordine all’integrazione del delitto contestatogli.
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza eccepita da parte del ricorrente, osservato che la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 3) ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice secondo grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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