Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31444 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31444 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a SHARKIA( EGITTO) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano di condanna per il reato di minaccia;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui l’imputato lamenta vizio di motivazione quanto all’erroneo giudizio di responsabilità per il reato di minaccia – è manifestament infondato perché il Collegio accede all’esegesi, fatta propria anche dalle Sezioni Unite, secondo cui, nel giudizio di legittimità, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione de elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esula infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 de 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260).
Considerato, in particolare, che la Corte di appello ha adeguatamente motivato su come il Giudice di primo grado abbia con scrupolo emesso una decisione basata su un’attenta valutazione delle dichiarazioni rese dalla parte lesa e dal teste e della documentazione, fornendo una spiegazione immune da vizi logici laddove ha osservato che il Tribunale aveva soppesato le prove a carico, contestualizzandole nel clima di contrapposizione esistente e che la conflittualità tra le parti, che le produzioni difensive avevano documentato, non valeva ad escludere ma, anzi, accentuava, la portata minatoria delle specifiche condotte ascritte al prevenuto.
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta vizio motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante ex art. 62 n.2 cod.pen. – è manifestamente infondato perché:
quanto alle circostanze attenuanti generiche, il Collegio di seconde cure ha fatto riferimento, oltre che all’esistenza di elementi positivi di valutazione, anche al reiterazione delle minacce; di contro, il ricorso, sul punto, è del tutto generico, tan più che il Collegio accede all’esegesi secondo cui il giudice, quando rigetta la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 de
19/03/2014, NOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, NOME e altri, Rv. 248244);
quanto alla provocazione, il ricorso è generico perché persegue apoditticamente la tesi della provocazione per accumulo, senza tuttavia addurre elementi che consentano di ricondurre ad una condotta unilaterale – e non, a sua volta, provocata – e provocatoria della persona offesa il reiterato contegno minaccioso del prevenuto.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rilevato che all’esito odierno del giudizio non consegue, invece, la condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, giacché il difensor quest’ultima ha depositato la memoria senza il rispetto del termine di cui all’art. 611 cod. pro pen e, comunque, non ha svolto alcuna utile attività difensiva, limitandosi a depositare la nota spese. A questo riguardo, il Collegio intende dare seguito agli insegnamenti di Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 (non massimata sul punto), secondo cui, con riferimento al giudizio di legittimità celebrato con rito camerale non partecipato, anch laddove previsto dalla normativa introdotta per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ott liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso in Roma, 16 Maggio 2024.