Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame dei fatti e delle prove
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui confini del giudizio di legittimità. Il caso evidenzia un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme la vicenda e le ragioni che hanno portato alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione.
I Fatti del Processo
Il procedimento nasce da una condanna per il reato di lesione personale continuato. La Corte di Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, dichiarando estinto per remissione di querela uno degli episodi contestati. Tuttavia, aveva confermato la responsabilità penale per gli altri fatti, rideterminando la pena in 7 mesi di reclusione e condannando l’imputata al risarcimento dei danni in favore della parte civile per 1.500,00 euro.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputata ha proposto ricorso davanti alla Corte di Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
I motivi del ricorso in Cassazione
La ricorrente ha lamentato tre specifici vizi nella sentenza della Corte d’Appello:
1. Vizio di motivazione sulla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa: secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente la credibilità e le dichiarazioni della vittima.
2. Mancata assunzione di una prova decisiva: si contestava la rinuncia all’audizione di un testimone, ritenuto fondamentale per la difesa.
3. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: la difesa sosteneva che il fatto, per la sua lieve entità, dovesse essere considerato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte: i limiti del ricorso in cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo tutti e tre i motivi. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte Suprema non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Analisi del Primo Motivo: la valutazione delle prove
Sul primo punto, la Corte ha spiegato che criticare il modo in cui il giudice ha valutato le dichiarazioni della persona offesa equivale a chiedere una ‘rilettura’ degli elementi di fatto. Questa operazione è preclusa in sede di Cassazione. Il compito della Suprema Corte è solo quello di verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non presenti vizi giuridici, non di stabilire se le prove potevano essere interpretate diversamente.
Analisi del Secondo Motivo: la prova decisiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la ricorrente si era limitata a lamentare genericamente la mancata audizione di un testimone, senza però spiegare concretamente perché la sua testimonianza sarebbe stata ‘decisiva’ per ribaltare la decisione. Inoltre, anche questo motivo tendeva a rimettere in discussione l’attendibilità della persona offesa, tornando così su una valutazione di merito.
Analisi del Terzo Motivo: la particolare tenuità del fatto
Infine, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata. I giudici di secondo grado avevano negato il beneficio basandosi sulla natura specifica della condotta e sulle conseguenze subite dalla vittima. Contestare questa decisione avrebbe significato, ancora una volta, chiedere una rivalutazione dei fatti, non consentita in questa sede.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono coerenti con il suo ruolo di giudice di legittimità. Ogni motivo di ricorso è stato respinto perché tendeva, direttamente o indirettamente, a sollecitare una nuova e diversa ricostruzione della vicenda processuale. La Corte ha citato consolidata giurisprudenza (tra cui la nota sentenza delle Sezioni Unite ‘Dessimone’ del 1997) per ribadire che la valutazione delle prove e degli elementi di fatto è riservata in via esclusiva al giudice di merito. Il ricorso è ammissibile solo se denuncia vizi di legge o difetti di motivazione manifestamente illogici o contraddittori, non se propone semplicemente una lettura alternativa delle risultanze processuali.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito chiaro: il ricorso in cassazione non è una terza istanza sul fatto. Chi intende impugnare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte deve concentrarsi su questioni di diritto o su vizi logici evidenti della motivazione, senza sperare di poter rimettere in discussione la credibilità di un testimone o la ricostruzione degli eventi. La decisione si conclude con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a sottolineare la palese infondatezza dell’impugnazione.
È possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per contestare la valutazione delle dichiarazioni di un testimone fatta dal giudice di primo e secondo grado?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o della credibilità dei testimoni, poiché questo compito spetta esclusivamente ai giudici di merito. Il suo ruolo è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
Quando un motivo di ricorso sulla mancata assunzione di una prova è considerato inammissibile?
È inammissibile quando chi ricorre non specifica in modo chiaro e preciso perché quella prova (come l’audizione di un testimone) sarebbe stata ‘decisiva’, cioè in grado di cambiare l’esito del processo. Una lamentela generica non è sufficiente.
Perché la Corte ha respinto la richiesta di applicare la ‘particolare tenuità del fatto’?
Perché la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione adeguata per negarla, basandosi sulla natura della condotta e sulle conseguenze subite dalla vittima. Contestare questa valutazione in Cassazione equivarrebbe a chiedere un inammissibile riesame del merito dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31379 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31379 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di BOLZANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputata COGNOME NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Bolzano di condanna per il reato di lesione personale continuato, dichiarando non doversi procedere per il reato commesso in data 17.07.2018 per essere estinto per remissione di querela e rideterminando la pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, in mesi 7 di reclusione e il risarcimento del danno a favore del parte civile in 1.500,00 euro;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui la ricorrente lamenta vizio motivazione quanto al vaglio delle dichiarazioni della persona offesa – non è consentito dall legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fat mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il qual motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento veda, in particolare, pag. 4); esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello ‘rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, i esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimon Rv. 207944);
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui la ricorrente lamenta vizio d motivazione quanto alla mancata assunzione di prova decisiva in relazione alla rinuncia del Pubblico Ministero di audizione del secondo teste – non è ammissibile 1) perché evoca genericamente la mancata escussione del teste, senza evidenziare quale ne fosse la decisività (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R, Rv. 278670; Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 259323; Sez. 3, n. 27581 del 15/06/2010 , M., Rv. 248105) 2) perché ritorna, con argomenti di puro merito, sulla valutazione di attendibilità della persona offesa ;
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui la ricorrente lamenta vizi motivazione per il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ex art. 131 b cod.pen. – non è deducibile in sede di legittimità in quanto la motivazione della Corte di appe è adeguata a sostenere la conferma del diniego del proscioglimento invocato, avendo fatto riferimento alla natura della condotta e alle conseguenze patite dalla persona offesa, il c ridimensionamento – come auspicato dalla ricorrente – passerebbe anch’esso per una rivalutazione in fatto che non è consentita nel giudizio di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 10 Aprile 2024.