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Ricorso in Cassazione: i limiti del riesame dei fatti

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25997/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputate condannate per ricettazione. L’analisi si concentra sulla distinzione tra giudizio di merito e di legittimità, sottolineando come il ricorso in Cassazione non possa vertere su una nuova valutazione dei fatti. La Corte ha inoltre chiarito che la recidiva, anche se subvalente, incide sul calcolo della prescrizione, impedendone la maturazione nel caso di specie.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando i Fatti non si Possono Ridiscutere

L’ordinanza n. 25997/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del Ricorso in Cassazione, specialmente per quanto riguarda la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti. In questo caso, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due donne condannate per ricettazione, ribadendo principi fondamentali del nostro sistema processuale penale.

I Fatti di Causa

Due persone erano state condannate dalla Corte d’Appello di Firenze per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.). Ritenendo la sentenza ingiusta, hanno presentato un Ricorso in Cassazione basato su due motivi principali: l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello e la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

Analisi dei Motivi del Ricorso in Cassazione

Le ricorrenti hanno cercato di smontare la decisione dei giudici di merito attraverso due argomentazioni distinte:

1. Vizio di Motivazione: Sostenevano che la condanna si basasse su una valutazione errata e illogica delle prove processuali. In pratica, proponevano una lettura alternativa dei fatti, diversa da quella accolta nei primi due gradi di giudizio.
2. Intervenuta Prescrizione: Affermavano che il tempo necessario a far estinguere il reato fosse già trascorso prima della sentenza di secondo grado, e che la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di dichiararlo.

La Decisione della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando i ricorsi inammissibili. Questa decisione si fonda su una distinzione cruciale nel nostro ordinamento: quella tra il giudizio di merito (primo grado e appello) e il giudizio di legittimità (Cassazione).

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte chiariscono in modo netto i confini dell’impugnazione di legittimità.

Sull’Inammissibilità del Riesame dei Fatti

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il Ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. La Suprema Corte non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito, né può verificare la tenuta logica di una sentenza confrontandola con “modelli di ragionamento mutuati dall’esterno”. Il suo compito è limitato a verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici evidenti e palesi. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse coerente e priva di tali vizi, rendendo il primo motivo di ricorso inammissibile.

Sul Calcolo della Prescrizione e l’Effetto della Recidiva

In secondo luogo, la Corte ha definito “manifestamente infondato” il motivo relativo alla prescrizione. Le ricorrenti non avevano considerato un elemento decisivo: l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva (specifica, reiterata ed infraquinquennale). La Corte ha spiegato che la recidiva, anche quando viene considerata meno rilevante delle attenuanti in un giudizio di bilanciamento ai fini della pena (il cosiddetto “giudizio di subvalenza”), continua a produrre i suoi effetti sull’aumento del tempo necessario per la prescrizione del reato. Di conseguenza, il reato non era affatto prescritto al momento della sentenza di secondo grado.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale: chi intende presentare un Ricorso in Cassazione deve essere consapevole dei suoi stretti limiti. Non è possibile sperare in una nuova valutazione delle prove o in una diversa ricostruzione dei fatti. Il focus deve essere esclusivamente sulla violazione di legge o su vizi logici manifesti della motivazione. Inoltre, la decisione evidenzia l’importanza di una corretta analisi tecnica degli istituti giuridici, come la prescrizione, i cui termini possono essere significativamente influenzati da circostanze aggravanti come la recidiva, anche quando queste non incidono direttamente sulla determinazione della pena finale.

Perché la Corte di Cassazione ha respinto il motivo di ricorso basato su una diversa lettura dei fatti?
Perché il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. La Corte può solo controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia logicamente coerente e non palesemente viziata, non può considerare ricostruzioni alternative dei fatti.

La Corte di Cassazione può fungere da terzo grado di giudizio per riesaminare il caso nel merito?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni, senza entrare in una nuova valutazione delle prove e dei fatti già accertati nei gradi precedenti.

Perché il reato non è stato dichiarato prescritto nonostante la richiesta delle ricorrenti?
Il reato non è stato dichiarato prescritto perché i giudici di merito avevano correttamente applicato l’aggravante della recidiva. Sebbene questa aggravante fosse stata considerata subvalente rispetto alle attenuanti ai fini della pena, essa incide comunque sul tempo necessario a far maturare la prescrizione, allungandolo. Pertanto, i termini non erano ancora decorsi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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