Ricorso in Cassazione: Quando i Fatti non si Possono Ridiscutere
L’ordinanza n. 25997/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del Ricorso in Cassazione, specialmente per quanto riguarda la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti. In questo caso, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due donne condannate per ricettazione, ribadendo principi fondamentali del nostro sistema processuale penale.
I Fatti di Causa
Due persone erano state condannate dalla Corte d’Appello di Firenze per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.). Ritenendo la sentenza ingiusta, hanno presentato un Ricorso in Cassazione basato su due motivi principali: l’illogicità della motivazione della sentenza d’appello e la mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.
Analisi dei Motivi del Ricorso in Cassazione
Le ricorrenti hanno cercato di smontare la decisione dei giudici di merito attraverso due argomentazioni distinte:
1. Vizio di Motivazione: Sostenevano che la condanna si basasse su una valutazione errata e illogica delle prove processuali. In pratica, proponevano una lettura alternativa dei fatti, diversa da quella accolta nei primi due gradi di giudizio.
2. Intervenuta Prescrizione: Affermavano che il tempo necessario a far estinguere il reato fosse già trascorso prima della sentenza di secondo grado, e che la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di dichiararlo.
La Decisione della Corte Suprema
La Corte di Cassazione ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando i ricorsi inammissibili. Questa decisione si fonda su una distinzione cruciale nel nostro ordinamento: quella tra il giudizio di merito (primo grado e appello) e il giudizio di legittimità (Cassazione).
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte chiariscono in modo netto i confini dell’impugnazione di legittimità.
Sull’Inammissibilità del Riesame dei Fatti
In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il Ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. La Suprema Corte non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito, né può verificare la tenuta logica di una sentenza confrontandola con “modelli di ragionamento mutuati dall’esterno”. Il suo compito è limitato a verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici evidenti e palesi. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse coerente e priva di tali vizi, rendendo il primo motivo di ricorso inammissibile.
Sul Calcolo della Prescrizione e l’Effetto della Recidiva
In secondo luogo, la Corte ha definito “manifestamente infondato” il motivo relativo alla prescrizione. Le ricorrenti non avevano considerato un elemento decisivo: l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva (specifica, reiterata ed infraquinquennale). La Corte ha spiegato che la recidiva, anche quando viene considerata meno rilevante delle attenuanti in un giudizio di bilanciamento ai fini della pena (il cosiddetto “giudizio di subvalenza”), continua a produrre i suoi effetti sull’aumento del tempo necessario per la prescrizione del reato. Di conseguenza, il reato non era affatto prescritto al momento della sentenza di secondo grado.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale: chi intende presentare un Ricorso in Cassazione deve essere consapevole dei suoi stretti limiti. Non è possibile sperare in una nuova valutazione delle prove o in una diversa ricostruzione dei fatti. Il focus deve essere esclusivamente sulla violazione di legge o su vizi logici manifesti della motivazione. Inoltre, la decisione evidenzia l’importanza di una corretta analisi tecnica degli istituti giuridici, come la prescrizione, i cui termini possono essere significativamente influenzati da circostanze aggravanti come la recidiva, anche quando queste non incidono direttamente sulla determinazione della pena finale.
Perché la Corte di Cassazione ha respinto il motivo di ricorso basato su una diversa lettura dei fatti?
Perché il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. La Corte può solo controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia logicamente coerente e non palesemente viziata, non può considerare ricostruzioni alternative dei fatti.
La Corte di Cassazione può fungere da terzo grado di giudizio per riesaminare il caso nel merito?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni, senza entrare in una nuova valutazione delle prove e dei fatti già accertati nei gradi precedenti.
Perché il reato non è stato dichiarato prescritto nonostante la richiesta delle ricorrenti?
Il reato non è stato dichiarato prescritto perché i giudici di merito avevano correttamente applicato l’aggravante della recidiva. Sebbene questa aggravante fosse stata considerata subvalente rispetto alle attenuanti ai fini della pena, essa incide comunque sul tempo necessario a far maturare la prescrizione, allungandolo. Pertanto, i termini non erano ancora decorsi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25997 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25997 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
-Letti i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME,
ritenuto che il primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen., denunciando la illogicità della motivazione sulla base di una diversa lettura dei dati processuali e di una differente ricostruzione storica dei fatti, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 4 della sentenza impugnata) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
osservato che il secondo motivo di ricorso che contesta la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione è manifestamente infondato, in quanto non si tiene conto del fatto che i giudici di merito hanno applicato la circostanza aggravante della recidiva (specifica, reiterata ed infraquinquennale) la quale, seppur in giudizio di subvalenza, incide sul tempo necessario a far maturare la prescrizione; pertanto, il reato non risulta prescritto anteriormente alla data della sentenza di secondo grado come erroneamente affermato nel motivo di ricorso in esame (Sez. 1, n. 36258 del 07/10/2020, Rv. 280059-01);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024
Il consigliere estensore
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