Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5387 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5387 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA COGNOME SHPETIM CUI 03DJNSQ nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME NOME CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME NOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/12/2020 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA
dato avv4so affe parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Gli imputati COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con cui, a seguito di giudizio definito con il rito del patteggiarnento, è stata lor applicata la pena concordata in relazione ai reati di cui agli artt. 73 d.P.R. 309/90, 629 e 635 cod. pen. come a ciascuno rispettivamente ascritti.
A motivi di ricorso lamentano quanto segue.
COGNOME NOME e COGNOME NOME, con ricorso presentato personalmente, si dolgono della mancata adozione di una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., rimarcando la loro estraneità ai fatti.
NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, a mezzo del comune difensore, lamentano violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
COGNOME NOME, a mezzo del difensore, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti, da sussumersi sotto la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
COGNOME NOME, a mezzo del difensore, lamenta la violazione dell’art. 85-bis d.P.R. 309/90; travisamento della prova.
COGNOME NOME, a mezzo del difensore, si duole della mancata considerazione di cause d’immediato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., in conseguenza dell’intervenuta assoluzione dal reato associativo; si duole altresì della mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5 d.P.R. 309/90.
I ricorsi sono tutti inammissibili.
Quanto alla posizione di COGNOME NOME e COGNOME NOME si osserva: la legge 23 giugno 2017, n.103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, all’art.1, comma 63, ha modificato l’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. sopprimendo l’inciso «Salvo che la parte non vi provveda personalmenl:e». Tale modifica normativa impone, dalla sua entrata in vigore, che il ricorso per Cassazione sia sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione. Nel caso in esame il ricorso è stato proposto personalmente dagli imputati, i quali, per le ragioni indicate, risultano privi di legittimazione.
Quanto alla posizione degli altri imputati si osserva: ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Il rilievo difensivo riguardante la mancata considerazione da parte del giudice di eventuali cause di proscioglimento immediato non rientra tra quelli per i quali è proponibile l’impugnazione. La censura in questione, peraltro, è palesemente contraddetta dal contenuto della pronuncia, in cui si richiama espressamente l’art. 129 cod.proc.pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste con riferimento ai reati di cui all’art. 73 d.P. R. 309/90.
In ordine alle censure riguardanti la qualificazione giuridica dei fatti, occorre rammentare come nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (così Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018 Rv. 272619 – 01). L’assunto dei difensori, in base al quale il giudice avrebbe dovuto riqualificare il fatto a sensi dell’art. 73, comma 5, d.PR. 309/90, è palesemente contraddetto dalla parte descrittiva del capo d’imputazione e dal contenuto della pronuncia, in cui l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica dei fatti i
contestazione, è accompagnata da puntuali, seppure succinti, riferimenti alle risultanze investigative.
Quanto, infine, alla posizione di COGNOME NOME, la decisione assunta dal giudice in tema di confisca, disposta ai sensi dell’art. 85 d.P.R. 309/90, risulta sorretta da ampia e conferente motivazione. I rilievi difensivi, oltre a non confrontarsi con le osservazioni contenute in sentenza circa l’epoca della vendita del bene immobile, risultano comunque inammissibili per essere la prospettazione contenuta nel ricorso, tesa a confutare la ricorrenza dei presupposti della confisca, fondata su produzioni nuove irricevibili in questa sede (cfr. Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019, Rv. 277609:”Nel giudizio di legittimità possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano “prova nuova” e non comportino un’attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito”). Né la difesa adduce ragioni a giustificazione della circostanza che si sia trovata nell’impossibilità di esibire innanzi al giudice del grado del merito la documentazione prodotta in questa sede.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità dei ricorsi deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto pertanto che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. MI.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore