Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33724 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33724 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ACIREALE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 09/10/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore, AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME, che si riporta ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Giudice per l’Udienza preliminare del Tribunale di / Brescia del 22 Marzo 2024 con cui NOME COGNOME è stato dichiarato responsabile di due episodi di estorsione e di uno di rapina ai danni di NOME COGNOME e per tale ragione condannato alla pena di quattro anni e dieci mesi di reclusione oltre alla multa ed alle pene accessorie.
Presentando ricorso per cassazione, la difesa dell’imputato deduce quattro motivi, tutti incentrati sull’art. 606, comma 1 lett. e, cod. proc. pen., ancorché variamente rubricati come vizi di motivazione o come violazioni di legge.
2.1 Con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza per mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riguardo ai criteri di valutazione della prova.
2.2 Con il secondo motivo, le stesse ragioni di doglianza vengono evocate in ordine l’aggravante del fatto commesso con arma impropria.
2.3 Con il terzo motivo si deduce inosservanza di norme processuali in relazione all’art. 62 n. 4 cod. pen. in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante comune.
2.4 Infine, sempre deducendo inosservanza di norme processuali, questa volta in relazione all’art. 62 bis cod. pen., si lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Con memoria inviata per mail, il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché i motivi addotti sono manifestamente infondati, ripetitivi (e perciò generici) e, in parte, non consentiti.
Va detto in premessa che si è in presenza di c.d. “doppia conforme” in punto affermazione della penale responsabilità dell’imputato per i fatti di reato come contestati, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello a quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
A fronte di tale situazione, non è consentita la deduzione di vizi che, lungi dall’esporre effettive critiche di legittimità, si riducono alla proposizione di lettu alternative degli elementi probatori o a ricostruzioni che siano già state esaminate ed adeguatamente confutate nei due gradi del giudizio di merito.
Non è, infatti, questo il senso del giudizio di cassazione che, pur nella irrisolta tensione tra uno jus constitutionis non esclusivo ed un irrinunciabile jus litigatorís, deve trattare solamente di questioni di legittimità, evitando assolutamente, pena lo stravolgimento della propria funzione, di impingersi nel merito.
Fin nella tecnica redazionale, i motivi rivelano invece una ‘deriva’ verso il merito o, altrimenti detto, una ‘discesa’ nel fatto che potrebbe essere sicuramente idonea a dar sostanza ad un atto di appello ma che non può aver alcun accesso in Cassazione.
In assenza di specifiche critiche che individuino la mancanza della motivazione (non il mancato esame di una specifica questione) o una contraddizione nel tessuto logico della motivazione o, come più frequentemente viene denunciato, una manifesta illogicità, la deduzione di carenze motivazionali di una sentenza, per quanto estese, è affare che non interessa a questa Corte. Sul piano motivazionale, infatti, le sole critiche che sono ammesse in Cassazione, quali unici spiragli di accesso alla critica di legittimità, sono quelli tassativamente indicati nell’art. 606 lett. e, cod. proc. pen., ciascuno dotato di peculiare oggetto e struttura (sicché è altro costante insegnamento di questa Corte che la deduzione alternativa di vizi come avviene anche nel caso di specie – invece assolutamente differenti, è per sé indice di genericità del motivo di ricorso e, in definitiva, ‘segno’ della natura d merito della doglianza che ad essi solo strumentalmente tenta di agganciarsi). Si tratta di vizi che non possono essere, come nel caso del ricorso odierno, solo enunciati nella rubrica del motivo, ma che devono essere declinati nell’argomentazione, se si vuole che paulo maiora canamus, che, cioè la Corte possa interessarsene, senza tradire la propria funzione di tutela di legittimità delle decisioni e senza invadere campi meritori che spettano ad altre autorità giudiziali. Perché, come ha efficacemente osservato acuta dottrina, radicata in specifica ed autorevole esperienza giudiziaria, l’equilibrio del sistema giurisdizionale ordinario italiano si caratterizza nel senso che alla Cassazione “è affidato il privilegio di dire l’ultima e definitiva parola sulla controversia, ma tale privilegio trova nell’ordinamento, il proprio contrappeso nel rispetto dell’accertamento di fatto, il quale è riservato al giudice del merito; onde la soluzione legale e giusta della controversia deve essere il risultato finale della somma dei compiti propri dei due tipi di giudicanti”. Per questo le censure di merito agli apprezzamenti singoli e complessivi sul materiale probatorio costituiscono motivi diversi da quelli consentiti (art. 606.3 c.p.p.). Inammissibili sono pertanto tutte le doglianze che attacchino la ‘persuasività’, “inadeguatezza’, la mancanza di ‘rigore’ o di ‘puntualità’, la stessa ‘illogicità’ quando non ‘manifesta’, così come quelle che sollecitino una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenzino ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. Tutto ciò è ‘fatto’, riservato al giudice del merito e quando il giudice del merito ha espresso il proprio apprezzamento, la ricostruzione del fatto è definita. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sulla base di tali coordinate ermeneutiche, l’analisi della sentenza impugnata consente di rilevare il grado di precisione e di logicità adottato dal Collegio nell’affrontare e nel confrontarsi con il tema centrale della doglianza
difensiva, quello della credibilità della persona offesa e della giustificazione della denuncia ‘tardiva’ e delle incongruenze e divergenze, se non vere e proprie contraddizioni, presenti nelle varie versioni propalate. Ebbene, le pagine 13, 14 e 15, prendendo l’avvio dall’analisi della sequenza temporale degli accadimenti e dei successivi contatti tra la persona offesa e le autorità, sanitarie e di polizia, dà conto compiutamente e congruamente delle ragioni che hanno portato dall’iniziale atteggiamento di totale segretezza, alla successiva reticenza, accompagnata a dichiarazioni ‘fuorvianti’ e di ‘depistaggio’, fino alla denuncia, nel momento in cui, oltre a non essere più occultabile la perdurante minaccia, per essere intervenute le forze dell’ordine su richiesta della conoscente NOME, la minaccia aveva iniziato ad essere diretta contro la conoscente stessa.
A pg. 16 risultano poi particolarmente acute le considerazioni relative ai rapporti tra la persona offesa e la COGNOME, delicati alla luce del rapporto che la donna intratteneva con il COGNOME e che faceva assumere alla stessa una posizione di interfaccia, con inevitabili risvolti potenzialmente minatori e ricattatori. Ebbene, delle conseguenze di tale situazione sulla credibilità delle versioni date dal COGNOME (in particolare per il coinvolgimento nei pestaggi o per l’attribuzione dell’autoria degli stessi ad altre persone), viene fornita una spiegazione logica e plausibile, che non viene disarticolata, e nemmeno pienamente affrontata, nel ricorso.
In conclusione, riprendendo un concetto iniziale, l’approccio difensivo riversato nell’atto introduttivo di questo giudizio di Cassazione, in relazione alla contestazione della affermazione di responsabilità, mira a replicare il giudizio di merito, nel tentativo di ottenere un terzo giudizio sul fatto, senza riuscire ad elevare la critica al livello necessario ad accedere al giudizio di legittimità. Per tal ragione merita, in parte qua, la censura di inammissibilità.
Gli ulteriori motivi di doglianza possono essere trattati unitariamente, poiché riguardano, tutti, aspetti concernenti il trattamento sanzionatorio.
4.1 n secondo motivo non è consentito, perché formulato per la prima volta in questa sede, costituendo quindi un nuvum che viola la catena devolutiva.
Trova applicazione, in proposito, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e gr del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello. Essa trova la ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, COGNOME,
Rv. 256631).
4.1. In relazione agli ulteriori motivi, concernenti la negazione di due dist circostanze attenuanti, è sufficiente ricordare che ogni aspetto del trattam sanzionatorio rientra nella competenza e discrezionalità del giudice di merito, va immune da critiche in questa sede, se espressa in una motivazione che non si contraddittoria e non manifestamente illogica.
Nel caso concreto, la negazione delle circostanze invocate risul adeguatamente giustificata, tra pagina 19 e 20 della sentenza impugnata, co riferimento (per l’art. 62 n. 4, cod. pen.) alle conseguenze dannose in termi violazione della libertà e di integrità fisica e morale, particolarmente gravi nel concreto, e con riferimento (per l’art. 62 bis, cod. pen.) alla mancanza di qualche ragione giustificativa, non essendo individuabile alcuna traccia resipiscenza né di effettivo contributo alle indagini.
5. Per le ragioni predette, il ricorso è inammissibile.
All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilit al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 giugno 2025
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