Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3502 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3502 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLISTENA il 27/07/1980
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 9 aprile 2024 la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Palmi del 13 giugno 2018, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di mesi quattro di reclusione ed euro 103,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv., 624, 625 n. 2 e 7 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, eccependo, con tre distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione per omessa declaratoria dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia della sentenza di secondo grado; violazione di legge e vizio di motivazione per mancanza della condizione di procedibilità richiesta per il delitto contestatogli; mancanza di motivazione in relazione al riconoscimento della sua responsabilità penale, invero fondata sul travisamento delle emergenze istruttorie.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, dovendo innanzi tutto essere osservato, con riguardo alla prima doglianza, come, alla data di celebrazione del secondo giudizio, non fosse intervenuta la prescrizione del reato contestato, trattandosi di furto pluriaggravato accertato in data 2 settembre 2015, per cui il decorso della prescrizione è previsto per il 2 marzo 2028.
2.1. Parimenti inammissibile è la seconda censura, considerato come – a prescindere dalla decisiva circostanza per cui, trattandosi di furto pluriaggravato, si tratta, comunque, di reato procedibile di ufficio – si tratti di motivo nuovo, no dedotto con il precedente appello, perciò non sottoponibile al vaglio del presente giudizio di legittimità, dovendo trovare applicazione, in termini troncanti, i principio affermato da questa Suprema Corte per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
2.2. Del tutto priva di pregio, infine, è anche la conclusiva censura, dovendo essere osservato come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che po
integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945-01).
La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, rest immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01).
In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come l’imputato in realtà invochi un’inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio in atti, e, quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova e di qualificazione del fatto delittuoso, senza confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguito da giudici di merito, mediante cui sono pervenuti ad affermare, in ragione del complessivo compendio probatorio in atti (cfr. pp. 5 e s. della sentenza impugnata), il pieno riconoscimento della responsabilità penale del prevenuto in ordine all’integrazione del delitto contestatogli.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024