Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24175 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24175 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a PALERMO il 08/03/2002
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo, con la quale era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 588, primo e secondo comma, cod. pen., ed era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Ritenuto che il primo motivo, con cui il ricorrente si duole del vizio di violazione di legge e del vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, lamentando un’erronea valutazione del quadro probatorio operata dai giudici di merito, è inammissibile in quanto costituito da mere doglianze in punto di fatto e volto a prefigurare una rivalutazione ed una rilettura alternativa delle fonti probatorie. Le doglianze del ricorrente, invero, si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione non consentita in sede di legittimità. Sul punto, deve ribadirsi che il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745);
Ritenuto che il secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131-bis, cod. pen., è manifestamente infondato atteso che il provvedimento impugnato fornisce adeguata argomentazione in ordine alla insussistenza del requisito del non particolare tenuità dell’offesa’ richiamando, a sostegno della di tale conclusione, sia la perseveranza del proposito criminoso e l’intensità del dolo, sia il carattere non tenue dei fatti complessivamente considerati (pag. 6 del provvedimento impugnato);
Ritenuto che il terzo motivo, con cui il ricorrente contesta l’eccessività della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; e che nella specie l’onere argomentativo del giudice è
adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti. Inoltre, tale motivo, nella parte in cui contesta la man
applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede d legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 6 della
sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario
che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenua generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevol
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferime quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti
altri da tale valutazione;
– Ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comm
1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/05/2025.