Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 867 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 867 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 18/05/1990 COGNOME nato il 23/10/1992
avverso la sentenza del 13/03/2024 della Corte di assise di appello di Firenze dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti, con distinti atti, nell’interesse di NOME COGNOME e di COGNOME;
considerato che il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME con il quale si lamenta la mancanza della motivazione in ordine al motivo di appello con il quale era stata contestata la sussistenza dell’attribuito reato di tentata estorsione, è manifestamente infondato, atteso che la Corte di assise di appello di Firenze si deve ritenere avere diffusamente motivato in ordine alla sussistenza di tale reato e alle censure che erano state avanzate dall’appellante al riguardo (si vedano, in particolare, le pagg. 7-10 della sentenza impugnata);
ritenuto che il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME con i quali si contesta, rispettivamente, il travisamento della prova e il vizio di motivazione con riguardo all’utilizzo di una pistola per usare violenza e minaccia nei confronti della persona offesa (secondo motivo), il vizio della motivazione con riguardo all’asseritamente illegittima valutazione frazionata delle dichiarazioni
della persona offesa e con riguardo alla valutazione di inattendibilità delle stesse dichiarazioni che sarebbe stata operata dalla Corte d’assise (terzo motivo) e il travisamento della prova (con particolare riguardo al certificato del pronto soccorso del 17/10/2019) e il vizio della motivazione «in relazione alle violenze e minacce» (quarto motivo), non sono consentiti in sede di legittimità, poiché, pur essendosi formalmente formulate censure riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., si è invero lamentata null’altro che una decisione sbagliata perché fondata su una valutazione errata del materiale probatorio, prospettando una diversa ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, dovendosi, invece, affermare che vale per questa Corte la preclusione non solo di procedere a una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione – la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944) – ma anche di sovrapporre propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, nonché di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre: Sez. 1), n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha compiutamente indicato le ragioni di fatto e di diritto poste a base del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti sia giuridici sia logici ai fini della sussistenza del reato di tentata estorsione, della sua commissione con l’uso di una pistola e della dichiarazione di responsabilità dell’imputato (si vedano, in particolare, le pagg. 7-11 della sentenza impugnata);
considerato che il quinto motivo del ricorso di NOME COGNOME con il quale si deduce la contraddittorietà tra l’assoluzione dal reato di detenzione e porto di una pistola cui al capo 2) dell’imputazione e il ritenuto utilizzo di una pistola pe commettere il reato di tentata estorsione di cui al capo 1) dell’imputazione, è manifestamente infondato, atteso che, mentre ai fini della condanna per il reato di detenzione e porto di una pistola è necessario verificarne le effettive caratteristiche (cosa che, nella specie, non era stato possibile fare), al fine di ritenere che il reato di tentata estorsione fosse stato commesso con una pistola era sufficiente che l’arma utilizzata avesse le fattezze di un’arma vera e propria (cosa che, nella specie, era stata accertata);
ritenuto che il sesto motivo del ricorso di NOME COGNOME con il quale si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato, in presenza di una motivazione che risulta esente da illogicità (si veda, in particolare, la pag. 12 della
sentenza impugnata), con cui la Corte di assise di appello ha esplicato le ragioni a sostegno del suo convincimento, non potendosi in specie ritenere illogica né la mancata valorizzazione delle dichiarazioni dell’imputato, in quanto negatorie dei fatti, né la valorizzazione della negativa personalità del COGNOME, in quanto coinvolto in condotte illecite con il coimputato COGNOME e con la persona offesa;
considerato che il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME con il quale si contesta il vizio della motivazione «in relazione alla “valutazione frazionata” delle dichiarazioni della persona offesa», con particolare riguardo alla violenza e minaccia che sarebbero state commesse anche mediante l’uso di un’arma, non è consentito in sede di legittimità, poiché, pur essendosi formalmente formulate censure riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., si è invero lamentata null’altro che una decisione sbagliata perché fondata su una valutazione errata del materiale probatorio, prospettando una diversa ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, il che, come si è già detto, non è possibile fare i sede di legittimità;
che si deve ribadire come il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, abbia compiutamente indicato le ragioni di fatto e di diritto poste a base del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti sia giuridici sia logici ai fini della sussistenza del reato di tentata estorsione, della sua commissione con l’uso di una pistola e della dichiarazione di responsabilità dell’imputato (si vedano, in particolare, le pagg. 7-11 della sentenza impugnata), dovendosi anche escludere, per le ragioni già dette, che vi sia contraddizione tra l’assoluzione dal reato di detenzione e porto di una pistola cui al capo 2) dell’imputazione e il ritenuto utilizzo di una pistola per commettere il reato di tentata estorsione di cui al capo 1) dell’imputazione;
ritenuto che il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME con il quale si lamenta il vizio di motivazione con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato, in presenza di una motivazione che risulta esente da illogicità (si veda, in particolare, la pag. 12 della sentenza impugnata), con cui la Corte di assise di appello ha esplicato le ragioni a sostegno del suo convincimento, non potendosi in specie ritenere illogica né la mancata valorizzazione delle dichiarazioni dell’imputato, in quanto negatorie dei fatti, né la valorizzazione della negativa personalità del COGNOME – sia in quanto gravato da numerosi precedenti penali sia in quanto coinvolto in condotte illecite con il coimputato COGNOME e con la persona offesa -, né ritenere che il fatto che il COGNOME non avesse fatto valore un proprio legittimo impedimento non fosse tale da neutralizzare l’elemento della negativa personalità dell’imputato;
considerato che il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME con il quale si lamenta il vizio della motivazione con riguardo all’asseritamente eccessivo trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondato poiché, secondo l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che, sul punto, l’onere argomentativo è stato congruamente assolto, avendo i giudici dell’appello sottolineato come la pena da essi rideterminata si dovesse ritenere equa e indicato gli elementi ritenuti decisivi o rilevanti in tale senso (s veda, in particolare, la pag. 12 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.