Ricorso in cassazione concordato: quando l’appello è inammissibile
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5917 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in cassazione concordato, noto anche come patteggiamento in appello. La decisione sottolinea come l’accordo tra le parti processuali per definire la pena in secondo grado precluda la possibilità di sollevare successivamente questioni che sono state oggetto di rinuncia. Questo principio è fondamentale per comprendere la natura e gli effetti del rito speciale previsto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale.
Il caso: un accordo in appello e il successivo ricorso
Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Catania che, accogliendo la richiesta di concordato, aveva rideterminato la pena per un imputato accusato del reato di detenzione di sostanze stupefacenti (art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990), escludendo l’aggravante della recidiva.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione. L’obiettivo era ottenere una qualificazione giuridica più favorevole del fatto, sostenendo che la condotta dovesse essere inquadrata nell’ipotesi di lieve entità, prevista dal comma 5 dello stesso articolo 73.
La decisione della Cassazione sul ricorso in cassazione concordato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una lezione chiara sulla portata del concordato in appello e sulle sue conseguenze processuali. Il fulcro della decisione risiede nel fatto che l’imputato, aderendo all’accordo, aveva implicitamente rinunciato al motivo di appello relativo alla riqualificazione del reato.
Le motivazioni
I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: quando si accede al concordato in appello, le uniche censure ammissibili in sede di Cassazione sono quelle che riguardano vizi specifici della procedura di accordo. In particolare, è possibile contestare:
1. La formazione della volontà della parte di accedere al concordato (ad esempio, se il consenso è stato viziato).
2. Il consenso del pubblico ministero alla richiesta.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto a quanto pattuito tra le parti.
Al di fuori di queste ipotesi, non è possibile sollevare altre questioni. Sono inammissibili, come nel caso di specie, le doglianze relative a motivi che sono stati oggetto di rinuncia. Allo stesso modo, non si può lamentare la mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) o vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non risulti palesemente illegale.
La Corte ha specificato che il motivo sollevato dall’imputato, relativo alla riqualificazione del fatto in ipotesi lieve, era stato rinunciato proprio in virtù dell’accordo sulla pena. Pertanto, riproporlo in Cassazione costituisce una violazione dei termini dell’accordo stesso.
Le conclusioni
La sentenza in esame rafforza la natura dispositiva del concordato in appello. Scegliendo questa via, l’imputato ottiene un beneficio certo (la rideterminazione della pena in termini più favorevoli) ma, al contempo, accetta di limitare le proprie facoltà di impugnazione. Il ricorso in cassazione concordato non può diventare uno strumento per rimettere in discussione punti già definiti e superati dall’accordo. La decisione della Cassazione, dichiarando l’inammissibilità e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, serve da monito: il patteggiamento in appello è un atto che chiude la controversia sulla pena, salvo vizi genetici dell’accordo stesso.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi specifici. L’impugnazione è ammessa solo per vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o se la pronuncia del giudice è difforme dall’accordo raggiunto.
Si può contestare in Cassazione una qualificazione giuridica del fatto se si è raggiunto un accordo in appello?
No, se tale motivo è stato rinunciato nell’ambito dell’accordo. La sentenza stabilisce che le doglianze relative a motivi rinunciati, come la mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi meno grave, sono inammissibili.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di ‘concordato in appello’ viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5917 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5917 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Catania l’01/02/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
CONSDIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
La Corte di appello di Catania ha rideterminato, ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc pen., la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME in ordine al reato previsto dall 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, escludendo la contestata recidiva.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato deducendo con un unico motivo violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata qualificazione dei fatt ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit.
Il ricorso è inammissibile per essere stato proposto facendo riferimento ad un motivo rinunciato.
In tema di concordato in appello, è ammissibile solo il ricorso in cassazione che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme dell pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative, come nel caso di specie, ai motivi rinunciati (cfr., sentenza impugnata, pag. 3), alla mancata valutazion delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi atti alla determinazione della pena che, come nel caso di specie, non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2023.