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Ricorso immediato: i rischi della tardività

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una parte civile contro la decisione del Giudice di Pace che aveva ritenuto improcedibile un’azione penale per tardività. Il ricorso immediato era stato depositato dopo la scadenza del termine di tre mesi. La Cassazione ha chiarito due punti fondamentali: primo, il provvedimento del Giudice di Pace che dichiara l’inammissibilità del ricorso immediato non è una sentenza definitiva e quindi non è impugnabile, ma comporta la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per le sue valutazioni. Secondo, un termine processuale espresso in mesi scade nel giorno corrispondente del mese finale, senza alcuna proroga se tale giorno è festivo. Questa regola si differenzia da quella prevista per i termini espressi in giorni.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso immediato tardivo: la Cassazione chiarisce i limiti

Nel processo penale davanti al Giudice di Pace, il ricorso immediato rappresenta uno strumento cruciale per la persona offesa. Tuttavia, il suo utilizzo è vincolato a rigidi termini di decadenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18350/2025, offre importanti chiarimenti sui confini dell’impugnabilità del provvedimento che dichiara l’improcedibilità per tardività e sulle modalità di calcolo dei termini processuali. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata pratica.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un ricorso immediato presentato dalla persona offesa per un reato di competenza del Giudice di Pace. Quest’ultimo, accogliendo un’eccezione della difesa dell’imputato, dichiarava l’improcedibilità dell’azione penale. La ragione? Il ricorso era stato depositato oltre il termine di tre mesi dalla conoscenza del fatto, previsto dalla legge.

La parte civile decideva quindi di impugnare tale provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo tre motivi principali:
1. Il termine di tre mesi scadeva in un giorno festivo (domenica 24 dicembre), pertanto avrebbe dovuto essere prorogato al primo giorno non festivo successivo (il 27 dicembre), data in cui era avvenuto il deposito.
2. Il Giudice di Pace aveva errato nel ritenere possibile il deposito telematico del ricorso in giorno festivo, poiché tale modalità non era prevista per quella tipologia di atto.
3. La comunicazione del ricorso al Pubblico Ministero, avvenuta via PEC entro la scadenza, avrebbe dovuto essere considerata un atto equipollente e quindi idoneo a salvaguardare la tempestività.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su due argomentazioni dirimenti: una di carattere processuale sull’impugnabilità del provvedimento e una di merito sul calcolo dei termini.

L’inammissibilità del ricorso: una questione di non definitività

Il primo, e fondamentale, punto chiarito dalla Corte è la natura del provvedimento emesso dal Giudice di Pace. Anche se qualificato come ‘sentenza’, esso non ha un carattere decisorio definitivo. Secondo l’art. 26, comma 2, del D.Lgs. 274/2000, quando il giudice ritiene un ricorso immediato inammissibile (ad esempio, perché tardivo), deve disporre la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero.

Questo significa che il procedimento non si conclude. Il Pubblico Ministero, ricevuto il fascicolo, conserva il potere di decidere se esercitare l’azione penale nelle forme ordinarie o richiedere l’archiviazione. La decisione del giudice, quindi, è meramente interlocutoria e non incide in via definitiva sui diritti delle parti. Come stabilito dalle Sezioni Unite, un provvedimento di questo tipo non è ricorribile per cassazione.

Il calcolo dei termini nel ricorso immediato

Pur ritenendo il ricorso inammissibile per la ragione sopra esposta, la Corte ha voluto affrontare anche la questione del calcolo dei termini, ritenendo comunque infondate le doglianze della ricorrente.

La Cassazione ha ricordato che l’art. 172 del codice di procedura penale distingue nettamente i termini stabiliti a giorni da quelli stabiliti a mesi. La regola della proroga al giorno successivo non festivo si applica esclusivamente ai termini calcolati in giorni. Per i termini espressi in mesi, come quello di tre mesi per il ricorso immediato, la scadenza si verifica nel giorno del mese finale corrispondente a quello in cui il termine ha iniziato a decorrere, indipendentemente dal fatto che sia festivo o feriale.

Nel caso di specie, il termine scadeva il 24 dicembre 2023. Il deposito effettuato il 27 dicembre era, pertanto, irrimediabilmente tardivo. La Corte ha inoltre specificato che la trasmissione di una copia del ricorso al PM non può sostituire il deposito formale presso la cancelleria del giudice, essendo un adempimento con finalità diverse all’interno dell’iter processuale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ribadisce principi consolidati in materia di procedura penale. La motivazione principale della decisione di inammissibilità risiede nella natura non definitiva del provvedimento del Giudice di Pace. Trattandosi di un atto che non chiude il procedimento ma lo ‘reindirizza’ verso l’organo della pubblica accusa, non può essere oggetto di impugnazione in Cassazione, che è riservata ai provvedimenti che incidono in modo definitivo sulle posizioni giuridiche. Sul merito, le motivazioni si fondano su una stretta interpretazione letterale dell’art. 172 c.p.p., che non lascia spazio a interpretazioni estensive sulla proroga dei termini mensili che scadono in un giorno festivo, a differenza di quanto accade per la querela, che essendo un istituto di diritto sostanziale, può essere presentata anche in un giorno festivo.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che la strada per contestare una dichiarazione di inammissibilità del ricorso immediato non è il ricorso per cassazione, bensì l’interlocuzione con il Pubblico Ministero a cui vengono trasmessi gli atti. In secondo luogo, serve come un monito fondamentale sulla necessità di una scrupolosa attenzione al calcolo dei termini processuali, evidenziando che le regole possono variare significativamente a seconda che siano espressi in giorni o in mesi. Una distinzione apparentemente formale, ma che può determinare l’esito di un intero procedimento.

È possibile impugnare in Cassazione un provvedimento del Giudice di Pace che dichiara improcedibile un ricorso immediato per tardività?
No. Secondo la sentenza, tale provvedimento non è definitivo perché non conclude il procedimento, ma ne dispone la trasmissione al Pubblico Ministero per le sue determinazioni. Pertanto, non è ricorribile per cassazione.

Come si calcola un termine processuale stabilito in mesi se la scadenza cade in un giorno festivo?
Un termine processuale stabilito in mesi scade nel giorno del mese finale corrispondente a quello iniziale, anche se tale giorno è festivo. La regola della proroga al primo giorno lavorativo successivo si applica solo ai termini calcolati in giorni.

La trasmissione del ricorso immediato al pubblico ministero vale come presentazione ufficiale dell’atto?
No. La trasmissione di una copia del ricorso all’ufficio del Pubblico Ministero è un adempimento funzionale a una fase specifica del procedimento, ma non sostituisce il deposito formale dell’atto presso la cancelleria del giudice competente, che è l’unico atto che avvia l’azione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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