LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso generico: quando viene dichiarato inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per frode perché considerato un ricorso generico. I ricorrenti si erano limitati a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza muovere critiche specifiche alla sentenza impugnata. L’ordinanza chiarisce anche che la testimonianza di un agente di polizia su accertamenti svolti è valida anche se non formalizzati in atti depositati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Generico in Cassazione: Analisi di una Dichiarazione di Inammissibilità

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica e precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario articolare critiche specifiche e pertinenti. Un ricorso generico, che si limita a riproporre doglianze già esaminate e respinte, è destinato all’insuccesso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa dinamica, illustrando i motivi per cui un appello di questo tipo viene dichiarato inammissibile e le relative conseguenze per i ricorrenti.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di truffa (art. 640 c.p.) emessa nei confronti di due persone. A seguito della conferma della sentenza da parte della Corte d’Appello, gli imputati decidevano di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due distinti motivi per contestare la loro dichiarazione di responsabilità.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

I ricorsi proposti si basavano essenzialmente su due argomenti: un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello e l’inutilizzabilità di una testimonianza chiave. La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta.

Il vizio di motivazione e il ricorso generico

Il primo motivo, sollevato da entrambi i ricorrenti, lamentava un vizio di motivazione riguardo alla loro responsabilità per i reati contestati. Tuttavia, la Cassazione ha rapidamente liquidato questa doglianza come inammissibile. Il motivo? Si trattava di una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già ampiamente discussi e disattesi dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che un ricorso in Cassazione deve svolgere una funzione di critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata. Riproporre le stesse questioni senza confrontarsi puntualmente con le ragioni della decisione di secondo grado trasforma il ricorso in un atto meramente apparente e, di conseguenza, inammissibile.

La testimonianza dell’agente di polizia

Il secondo motivo, avanzato da uno solo dei ricorrenti, contestava l’utilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali rese da un operante di polizia giudiziaria. Secondo la difesa, il testimone avrebbe fatto riferimento ad accertamenti e documenti non presenti nel fascicolo del Pubblico Ministero e mai sottoposti al vaglio delle parti durante il dibattimento. Anche questo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito un principio importante: un teste di polizia giudiziaria, quando depone in sede dibattimentale, può legittimamente riferire sugli accertamenti effettuati, anche se questi non sono stati formalizzati in una specifica annotazione depositata agli atti. Ciò che conta è il vaglio dibattimentale della sua testimonianza.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione di inammissibilità sul principio della specificità dei motivi di ricorso. Un ricorso che non si confronta criticamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre argomenti già vagliati, è un ricorso generico e non può essere accolto. La funzione del giudizio di legittimità non è quella di riesaminare il merito della vicenda, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per quanto riguarda la testimonianza, la Corte ha ribadito che il contraddittorio si forma sulla deposizione orale in aula, consentendo alle parti di esaminare e contro-esaminare il teste su tutte le attività di indagine da lui compiute.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia l’inutilità e i rischi di presentare un ricorso in Cassazione non specifico: non solo viene dichiarato inammissibile, ma comporta anche la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. In secondo luogo, consolida l’orientamento sulla validità della testimonianza dell’operatore di polizia giudiziaria, anche quando questa si estende a indagini non formalizzate in atti scritti, purché la deposizione avvenga nel rispetto del contraddittorio. Infine, la Corte ha precisato che la parte civile non ha diritto alla liquidazione delle spese se le sue conclusioni scritte non apportano un contributo apprezzabile al contraddittorio, limitandosi a confermare la correttezza della sentenza impugnata.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato “generico” e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico e inammissibile quando si limita a ripetere pedissequamente i motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio (es. in Corte d’Appello), senza muovere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza che si sta impugnando.

Un agente di polizia giudiziaria può testimoniare su accertamenti non formalmente depositati nel fascicolo del Pubblico Ministero?
Sì. Secondo questa ordinanza, un teste di polizia giudiziaria, chiamato a deporre in dibattimento, può legittimamente riferire sugli accertamenti effettuati, anche se questi non sono confluiti in una specifica annotazione depositata al Pubblico Ministero o in altra documentazione a disposizione delle parti.

Perché i ricorrenti, oltre alle spese processuali, sono stati condannati a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende è una conseguenza prevista dalla legge in caso di dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale. Serve come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di ammissibilità, agendo da deterrente contro impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati