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Ricorso generico: quando è inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso avverso una condanna per il reato di cui all’art. 483 c.p. Il ricorso generico, privo di critiche specifiche e dettagliate alla sentenza impugnata, non soddisfa i requisiti di legge. La Corte ribadisce che il giudice di merito ha ampia discrezionalità nel negare le attenuanti generiche e nel determinare la pena, purché fornisca una motivazione adeguata sugli elementi decisivi.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Generico in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza di Inammissibilità

Presentare un’impugnazione in Corte di Cassazione è un’attività che richiede precisione e rigore. Non basta un generico dissenso con la decisione precedente; è necessario formulare critiche specifiche e ben argomentate. Un ricorso generico, che si limita a riproporre le stesse doglianze senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità. L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di questa regola fondamentale del nostro sistema processuale.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Palermo per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.). L’appellante basava la sua impugnazione su tre motivi principali:

1. La presunta mancanza dell’elemento soggettivo del reato.
2. L’omessa motivazione riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. L’eccessività della pena inflitta.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non è entrata nel merito di queste questioni, fermandosi a un vaglio preliminare sulla forma e la sostanza dell’atto di ricorso.

La Decisione della Corte sul Ricorso Generico

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, qualificandolo come “generico e aspecifico”. Questa decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale, sancito dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Tale norma impone che l’atto di impugnazione contenga l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha indicato gli elementi specifici che infirmavano la logicità della motivazione della Corte d’Appello. Invece di sollevare critiche puntuali, si è limitato a una censura generica, impedendo di fatto al giudice di legittimità di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato. Mancava, in altre parole, la necessaria “correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato”.

Attenuanti Generiche e Discrezionalità del Giudice

Un punto particolarmente interessante riguarda la questione delle attenuanti generiche. La Corte ha chiarito che la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la decisione di non concederle, facendo riferimento a precisi indici di natura personale e fattuale.

Citando consolidata giurisprudenza (Cass. n. 28535/2014 e n. 34364/2010), i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: quando nega la concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è obbligato a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti. Può, invece, limitarsi a fare riferimento a quegli elementi che ritiene decisivi o comunque rilevanti per la sua decisione. Lo stesso principio si applica alla graduazione della pena, che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve esercitarla seguendo i criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si articola su due pilastri. Il primo è il vizio di genericità del ricorso. I giudici hanno sottolineato che un’impugnazione non può essere una mera ripetizione di argomenti già spesi, ma deve costituire una critica argomentata e specifica alla decisione che si contesta. L’atto deve consentire di comprendere chiaramente quale parte della sentenza è errata e per quale motivo. Senza questa specificità, il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità. Il secondo pilastro riguarda la discrezionalità del giudice di merito. La Suprema Corte ha riaffermato che sia la concessione delle attenuanti generiche sia la determinazione della pena sono espressione di un potere discrezionale che non è sindacabile in sede di legittimità, se non in caso di motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, vizio che in questo caso non è stato riscontrato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. La redazione dell’atto di impugnazione deve essere curata nei minimi dettagli, con critiche puntuali e un confronto serrato con la motivazione della sentenza di secondo grado. Un ricorso generico e ripetitivo non solo è inutile, ma comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se è generico e aspecifico, ovvero se non indica con precisione le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che criticano la sentenza impugnata, come richiesto dall’art. 581 del codice di procedura penale.

Quando il giudice nega le attenuanti generiche, deve motivare su ogni singolo elemento a favore dell’imputato?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, il giudice può limitarsi a motivare la sua decisione facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o più rilevanti, senza dover analizzare tutti gli argomenti favorevoli o sfavorevoli presentati.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La conseguenza principale è che il ricorso non viene esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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