Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7148 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7148 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 02/10/1979
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 5 giugno 2024 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio del 3 novembre 2022 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 500,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 624-bis cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: contraddittorietà della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato oggetto del presente procedimento e quello giudicato con la sentenza n. 2254/2019, emessa dal Tribunale di Alessandria in data 14 dicembre 2019; mancanza di motivazione in ordine all’omessa applicazione della riduzione di pena prevista per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella sua massima estensione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima censura, deve essere osservato come essa, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello nella quale erano state congruamente evidenziate le ragioni di mancato riconoscimento della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen. tra i fatti oggetto del presente giudizio e quelli decisi con la sentenza n. 2254/2019 del Tribunale di Alessandria (cfr. pp. 5 e s. della sentenza impugnata) – reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in
esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.2. Parimenti priva di pregio è, poi, anche la successiva doglianza, dovendo essere osservato come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 7) ben rappresenti e giustifichi le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. con riduzione della pena nella sua massima estensione, esprimendo, pur nella sintesi, una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024
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Il Consigliere estensore
Il llrdsidente