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Ricorso generico per ricettazione: inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione di un assegno. La decisione si fonda sulla natura del ricorso generico, che non specificava in modo adeguato i motivi di doglianza contro la sentenza d’appello, violando i requisiti formali richiesti dalla legge. La condanna è quindi diventata definitiva.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Generico per Ricettazione: la Cassazione Conferma l’Inammissibilità

L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sui requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso generico presentato contro una condanna per ricettazione, ribadendo la necessità di formulare motivi di impugnazione specifici e puntuali. Questo caso evidenzia come la mancata osservanza dei requisiti formali prescritti dal codice di procedura penale precluda l’accesso al giudizio di legittimità, rendendo definitiva la condanna.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto penalmente responsabile per aver ricevuto un assegno che era stato denunciato come smarrito. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello.

Contro la decisione di secondo grado, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure volte a smontare l’impianto accusatorio e la logicità della sentenza impugnata.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente ha basato la sua difesa su sei motivi principali, tra cui:

1. Erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione: si contestava la mancanza di prove sull’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza della provenienza illecita dell’assegno.
2. Errata valutazione delle prove: si sosteneva che la consapevolezza fosse stata solo presunta e non provata.
3. Vizi di motivazione generali: si criticava il ragionamento della Corte d’Appello nell’affermare la responsabilità penale.
4. Violazione di legge e illogicità della decisione: si argomentava che la decisione avrebbe dovuto portare all’assoluzione.
5. Mancata riduzione della pena: si lamentava la mancata concessione di benefici di legge e una riduzione della sanzione inflitta.

In sostanza, la difesa mirava a ottenere un annullamento della condanna, sostenendo l’insussistenza delle prove e l’illogicità delle conclusioni dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Suprema Corte sul Ricorso Generico

La Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per la sua genericità. I giudici hanno sottolineato come l’atto di impugnazione fosse privo dei requisiti essenziali prescritti dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale.

Secondo la Corte, un ricorso generico è quello che non consente al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i rilievi mossi alla sentenza e di esercitare il proprio sindacato. Nel caso di specie, il ricorrente non ha indicato gli elementi specifici a sostegno delle sue censure, limitandosi a contestare in modo vago la motivazione della sentenza d’appello, che invece è stata ritenuta logicamente corretta e ben argomentata.

In particolare, per i motivi che denunciavano l’illogicità della motivazione, la Cassazione ha ricordato che il suo sindacato è circoscritto a verificare l’esistenza di un apparato argomentativo logico, senza poter riesaminare le prove o verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (come stabilito dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza Petrella). La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta esente da vizi riconducibili alla nozione di ‘illogicità manifesta’ censurabile in sede di legittimità.

Anche la censura relativa al trattamento sanzionatorio è stata ritenuta infondata, poiché la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che nel caso specifico era stata esercitata in modo adeguato e conforme ai principi degli articoli 132 e 133 del codice penale.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte è netta: il ricorso è dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la condanna per ricettazione diventa definitiva. Il ricorrente è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza rappresenta un monito fondamentale per gli operatori del diritto: la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’analisi rigorosa e la formulazione di censure specifiche, dettagliate e pertinenti. Un ricorso generico, che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di merito senza individuare vizi specifici nella motivazione della sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità, con l’inevitabile conseguenza di rendere irrevocabile la condanna.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza essere esaminato nel merito?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e indeterminato. Non rispettava i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, in quanto non specificava in modo chiaro e puntuale gli elementi a fondamento delle critiche mosse alla sentenza impugnata.

Cosa intende la Corte per “ricorso generico”?
Per la Corte, un ricorso è generico quando le censure sono formulate in modo vago, non consentendo al giudice di individuare i rilievi specifici mossi alla decisione e di esercitare il proprio sindacato. In pratica, l’atto non riesce a spiegare perché la motivazione della sentenza precedente sarebbe errata o illogica in punti specifici.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove del processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o valutare nel merito i fatti. Il suo compito è limitato a un controllo di legittimità, ovvero verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, senza entrare nel merito delle scelte probatorie fatte dai giudici dei gradi inferiori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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