Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38666 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GRADO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2025 della Corte d’appello di Venezia
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta, depositata dal Sostituto Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte, depositate, in data 29/10/2025, dal difensore del ricorrente, che, nel richiamare le argomentazioni già svolte, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Venezia, in data 24 marzo 2025, ha confermato la sentenza con la quale il GIP del Tribunale di Treviso , all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di mesi 3 di arresto e € 1.250,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 186, comma 2 lett. c) e comma 2 sexies, cod. strada, per essersi posto alla guida di un’auto non di sua proprietà in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico accertato pari a 2,28 g/l, con l’aggravante di aver commesso il fatto tra le ore 22:00 e le ore 7:00.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, l’imputato, che ha articolato due motivi, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione, non avendo la Corte territoriale adeguatamente motivato sul diniego delle attenuanti generiche.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., violazione di legge e difetto di motivazione avendo la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla richiesta, formulata, in sede di conclusioni, di sostituzione della pena con quella della pena pecuniaria, ovvero, in subordine, del lavoro di pubblica utilità, della detenzione domiciliare o della semilibertà.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata .
Il P.G. presso questa Corte ed il difensore del ricorrente hanno reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo, incentrato sul trattamento sanzionatorio, e, segnatamente, sul diniego delle attenuanti generiche, è assolutamente generico.
2.1. Si ricorda che il giudice del merito, nella valutazione in ordine al trattamento sanzionatorio e in ordine alla riconoscibilità delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod. pen. esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).
2.2. Nel caso in esame, la Corte di appello ha valorizzato l’estrema pericolosità della condotta del COGNOME, che, nonostante l’elevato stato di ebbrezza alcolica, si era posto alla guida di un’autovettura in autostrada ed aveva, contrariamente a
quanto dedotto dalla difesa, deciso di fermarsi all’improvviso, in assenza di qualsiasi riscontro all’asserita avaria del veicolo, lungo un tratto ad altissima velocità di percorrenza, così esponendo ad elevato pericolo gli altri utenti della strada, come confermato dal grave sinistro verificatosi dopo la sua sosta. La Corte di Appello ha, poi, attribuito rilievo ai precedenti penali del giudicabile, significativi della sua propensione all’illecito, non mancando di evidenziare come il giudice di primo grado avesse contenuto la dosimetria della pena in misura prossima al minimo edittale.
2.3. A fronte di tali argomentazioni, la censura del ricorrente risulta ripetitiva, limitandosi a ribadire le osservazioni già formulate con l’atto di appello, basate su una diversa ricostruzione dei fatti esclusa dai giudici di merito, senza alcun reale confronto con la motivazione del provvedimento impugnato.
Generico risulta anche il secondo motivo, afferente al l’omessa valutazione della richiesta di sostituzione della pena con le sanzioni sostitutive di cui all’art. 20 bis cod. pen.
3.1. Il ricorrente assume di aver avanzato la richiesta in oggetto, non rientrante tra i motivi dedotti in sede di appello, nelle conclusioni depositate in vista dell’udienza del 24/03/2025, celebrata innanzi alla Corte territoriale con rito camerale, senza la partecipazione delle parti ex art. 23 bis l. n. 176 del 2020.
3.2. Siffatte conclusioni non si rinvengono all’interno del fascicolo, da cui risulta soltanto che una richiesta di sostituzione con i lavori di pubblica utilità fu avanzata nel corso del giudizio di primo grado con espressa rinuncia in sede di conclusioni, né sono state allegate (o trascritte integralmente) dal ricorrente, che ha in questo modo omesso di adempiere agli oneri di precisione, completezza e specificità, in cui si sostanzia il principio della cd. “autosufficienza” del ricorso (v., ex plurimis , Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020 (dep. 2021) Rv. 280419 -01, che ha ribadito che tale principio resta fermo anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165 bis, comma 2, d. lgs 28 luglio 1989, n. 271, inserito dall’art. 7, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, stante l’impossibilità di de mandare alla valutazione discrezionale della cancelleria la selezione degli atti cui si riferiscono le doglianze, sicché è onere del difensore chiedere alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato di allegare, al ricorso da trasmettere alla Suprema Corte, la copia degli atti in questione, che la cancelleria provvederà a inserire in apposito fascicolo, ove non fossero stati già trasmessi, o di cui attesterà la mancanza, ove non risultino presenti nella documentazione processuale, ferma restando la possibilità di provvedere personalmente alla relativa allegazione).
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo evidente che il medesimo ha proposto il ricorso determinando
la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – al versamento della sanzione pecuniaria, indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 06/11/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME