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Ricorso generico: inammissibilità in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per truffa e sostituzione di persona. La decisione si fonda sulla natura del ricorso generico, che si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. La Corte ha inoltre confermato l’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e della sospensione condizionale della pena, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso generico: quando l’appello in Cassazione è destinato al fallimento

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e argomentazioni specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso generico, ovvero vago e ripetitivo, conduca inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità. Analizziamo insieme questa ordinanza per comprendere i requisiti di un ricorso efficace e le conseguenze di un approccio superficiale.

Il caso in esame: dalla condanna al ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Roma per i reati di truffa e sostituzione di persona. L’imputata, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva la carenza di prove a sostegno della colpevolezza e contestava la mancata applicazione di due importanti istituti: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e il beneficio della sospensione condizionale della pena (art. 164 c.p.).

L’inammissibilità del ricorso generico

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze della ricorrente, qualificando i motivi del ricorso come “generici” e “ripetitivi”. Questo giudizio si basa su un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito. È necessario, invece, che l’atto di impugnazione contenga una “specifica critica” delle argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza impugnata. In altre parole, non basta dire che non si è d’accordo; bisogna spiegare, punto per punto, perché la decisione dei giudici d’appello sarebbe errata.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte, nella sua ordinanza, ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione.

Innanzitutto, ha evidenziato come i motivi di ricorso fossero una mera fotocopia di censure già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello, la quale aveva fornito argomenti giuridici corretti sia sulla sussistenza dei reati di truffa e sostituzione di persona, sia sui benefici richiesti. La difesa non ha saputo contrapporre una critica puntuale e pertinente a tale ragionamento.

In secondo luogo, riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., i giudici hanno confermato la valutazione della Corte d’Appello, basata non solo sul valore del bene sottratto, ma anche sui precedenti a carico dell’imputata. Questi elementi, considerati insieme, escludevano la possibilità di qualificare il fatto come di “particolare tenuità”.

Infine, per quanto concerne la sospensione condizionale della pena, la Corte ha sottolineato che i precedenti penali della ricorrente erano di per sé ostativi alla concessione del beneficio. Tale condizione precludeva a priori una prognosi favorevole circa il futuro comportamento dell’imputata, rendendo superflua ogni ulteriore valutazione.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale: la specificità è un requisito essenziale per l’ammissibilità del ricorso in Cassazione. Un ricorso generico, che non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Le conseguenze di tale esito non sono banali: oltre alla conferma della condanna, la ricorrente è stata obbligata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo caso serve da monito: l’accesso al giudizio di legittimità richiede rigore, tecnica e la capacità di formulare censure mirate, e non una sterile ripetizione di argomenti già sconfessati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e ripetitivo. Non conteneva una critica specifica alle argomentazioni della sentenza d’appello, ma si limitava a riproporre motivi già adeguatamente esaminati e respinti nel grado precedente.

Per quale motivo non è stata concessa la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale della pena non è stata concessa a causa dei precedenti penali della ricorrente. La Corte ha ritenuto che questi precedenti escludessero di per sé il beneficio, ancor prima di formulare una prognosi sulla futura condotta.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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