Ricorso generico: quando l’appello in Cassazione è destinato al fallimento
Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e argomentazioni specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso generico, ovvero vago e ripetitivo, conduca inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità. Analizziamo insieme questa ordinanza per comprendere i requisiti di un ricorso efficace e le conseguenze di un approccio superficiale.
Il caso in esame: dalla condanna al ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Roma per i reati di truffa e sostituzione di persona. L’imputata, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva la carenza di prove a sostegno della colpevolezza e contestava la mancata applicazione di due importanti istituti: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e il beneficio della sospensione condizionale della pena (art. 164 c.p.).
L’inammissibilità del ricorso generico
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze della ricorrente, qualificando i motivi del ricorso come “generici” e “ripetitivi”. Questo giudizio si basa su un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito. È necessario, invece, che l’atto di impugnazione contenga una “specifica critica” delle argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza impugnata. In altre parole, non basta dire che non si è d’accordo; bisogna spiegare, punto per punto, perché la decisione dei giudici d’appello sarebbe errata.
Le motivazioni della Corte
La Suprema Corte, nella sua ordinanza, ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione.
Innanzitutto, ha evidenziato come i motivi di ricorso fossero una mera fotocopia di censure già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello, la quale aveva fornito argomenti giuridici corretti sia sulla sussistenza dei reati di truffa e sostituzione di persona, sia sui benefici richiesti. La difesa non ha saputo contrapporre una critica puntuale e pertinente a tale ragionamento.
In secondo luogo, riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., i giudici hanno confermato la valutazione della Corte d’Appello, basata non solo sul valore del bene sottratto, ma anche sui precedenti a carico dell’imputata. Questi elementi, considerati insieme, escludevano la possibilità di qualificare il fatto come di “particolare tenuità”.
Infine, per quanto concerne la sospensione condizionale della pena, la Corte ha sottolineato che i precedenti penali della ricorrente erano di per sé ostativi alla concessione del beneficio. Tale condizione precludeva a priori una prognosi favorevole circa il futuro comportamento dell’imputata, rendendo superflua ogni ulteriore valutazione.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale: la specificità è un requisito essenziale per l’ammissibilità del ricorso in Cassazione. Un ricorso generico, che non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Le conseguenze di tale esito non sono banali: oltre alla conferma della condanna, la ricorrente è stata obbligata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo caso serve da monito: l’accesso al giudizio di legittimità richiede rigore, tecnica e la capacità di formulare censure mirate, e non una sterile ripetizione di argomenti già sconfessati.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e ripetitivo. Non conteneva una critica specifica alle argomentazioni della sentenza d’appello, ma si limitava a riproporre motivi già adeguatamente esaminati e respinti nel grado precedente.
Per quale motivo non è stata concessa la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale della pena non è stata concessa a causa dei precedenti penali della ricorrente. La Corte ha ritenuto che questi precedenti escludessero di per sé il beneficio, ancor prima di formulare una prognosi sulla futura condotta.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6411 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6411 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASSINO il 23/06/1987
avverso la sentenza del 24/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che i motivi di ricorso, che contestano la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla carenza di prova circa la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati ascritti alla ricorrente, alla mancata applicazione della fattispecie di cui all’art. 131 bis cod. pen. e del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 164 cod. pen., sono generici, poiché ripetitivi di profili di censura già adeguatamente disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e, perciò, non scanditi da specifica critica delle argomentazioni alla base della sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 7 e 8 sul compendio probatorio sia per il reato di truffa che per quello di sostituzione di persona; pag. 8 sulla mancata riconducibilità del fatto all’art. 131 bis cod. pen., in considerazione del valore del bene e dai precedenti da cui è gravata la prevenuta che escludono ex se -ancor prima, quindi, di ogni questione di prognosi di recidival’invocato beneficio di cui all’art. 164 cod. pen.);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Va invece rigettata la richiesta di liquidazione delle spese formulata dalla parte civile, per tardività.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese della parte civile.
Così deciso in Roma, il 21/01/2025
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