Ricorso Generico in Cassazione: Conseguenze e Analisi di un Caso Pratico
Presentare un ricorso generico in Cassazione è una strategia processuale non solo inefficace, ma anche controproducente. La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale: le impugnazioni devono essere specifiche, dettagliate e fondate su precise ragioni di diritto e di fatto. In caso contrario, la sanzione è l’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme un caso concreto per comprendere meglio la portata di questa decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un automobilista da parte del Tribunale di Verona per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un incidente. I valori alcolemici riscontrati erano significativamente superiori al limite di legge (2,04 g/l e 1,90 g/l). La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato, non rassegnandosi alla doppia condanna, ha deciso di proporre ricorso per cassazione tramite il suo difensore.
Il Ricorso Generico e la Decisione della Cassazione
Il cuore della pronuncia della Suprema Corte risiede nella valutazione del ricorso presentato. I Giudici hanno rilevato che l’atto era basato su un unico motivo, formulato in termini del tutto generici. In pratica, il difensore si era limitato a prospettare doglianze vaghe, senza specificare quali fossero le presunte violazioni di legge commesse dai giudici di merito né quali elementi di fatto fossero stati erroneamente valutati. Questa mancanza di specificità ha reso il ricorso non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità, portando la Corte a dichiararlo inammissibile.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, nel motivare la sua decisione, ha richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 8825/2017, Galtelli). Questo principio, sebbene nato per i motivi d’appello, è stato ritenuto pienamente applicabile anche al ricorso per cassazione. La regola è chiara: chi impugna un provvedimento ha l’onere di indicare con precisione le parti della sentenza che contesta e le ragioni giuridiche e fattuali a sostegno della sua critica. Un ricorso generico, che si limita a enunciazioni di principio o a critiche non circostanziate, non permette al giudice dell’impugnazione di comprendere il reale oggetto del contendere e si traduce in un atto processualmente invalido. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, non ravvisando alcuna causa di esonero.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per chiunque intenda affrontare un procedimento giudiziario: l’improvvisazione e la genericità non pagano, anzi, costano. La redazione di un atto di impugnazione, specialmente in Cassazione, richiede rigore, precisione e una profonda conoscenza tecnica. È indispensabile individuare e argomentare in modo puntuale i vizi della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità del ricorso. Per il cittadino, ciò significa che affidarsi a un professionista competente è cruciale per evitare non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori spese e sanzioni pecuniarie.
Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione con motivi generici?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso in esame generico?
Perché il ricorso ha prospettato deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto necessari a sostenere le richieste, non specificando in modo adeguato i vizi della sentenza impugnata.
La condanna alla Cassa delle ammende è automatica in caso di inammissibilità?
Sì, secondo quanto emerge dalla pronuncia, alla dichiarazione di inammissibilità per colpa del ricorrente segue la condanna al pagamento delle spese e di una somma alla Cassa delle ammende, a meno che non si ravvisino specifiche ragioni di esonero, che in questo caso non sono state individuate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38567 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38567 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CRICIUMA( BRASILE) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale di Verona di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) e 2 bis, codice strada (tasso alcolemico pari a 2,04 g/I e 1,90 g/I, in Lazise il 15/10/2019);
ritenuto che il ricorrente ha dedotto un motivo unico con il quale ha prospettato deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno dell richieste (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 18 settembre 2024