Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44982 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44982 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Oria il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 10/11/2023 della Corte di appello di Lecce; letti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10/11/2023, la Corte di appello di Lecce ha parzialmente riformato la sentenza del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce del pwfficertei.i0 10/01/2022, che, in esito a giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME in ordine ai delitti di cui agli artt. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 17) e 73 d.P.R,. n. 309 del 1990 (capi 20, 21, 24, 32 e 34), concedendo al predetto le attenuanti generiche, valutate equivalenti alla riconosciuta recidiva e rideterminando in melius il trattamento sanzionatorio.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato un unico motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con tale motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per carenza in punto di quantificazione dell’aumento di pena effettuato a titolo di continuazione.
Osserva al riguardo che, nella decisione della Corte territoriale, l’incremento sanzionatorio in oggetto sarebbe stato effettuato senza tener conto del ruolo concretamente svolto dall’imputato in ciascuno dei delitti-fine unificati quoad poenam, in palese elusione di una specifica doglianza formulata con l’atto di appello e in spregio dei principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME è manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
Destituito di fondamento è l’unico motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione per carenza in punto di quantificazione degli aumenti di pena operati a titolo di continuazione, sostenendo che nella decisione della Corte territoriale gli indicati incrementi sarebbero stati effettuati senza tener conto del ruolo in concreto svolto dall’imputato in ciascuno dei delitti-fine unificati quoad poenam, in palese elusione di una specifica doglianza formulata con l’atto di appello e in spregio dei principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità.
Ritiene il Collegio che la doglianza agitata con il motivo di ricorso di cui trattasi sia viziata da una palese genericità intrinseca, in quanto, al di là della formale enunciazione di parametri generali di cui si sarebbe dovuto tener conto ai fini di specifico interesse, quali la diversa gravità dei delitti per cui v’era S – TA_TA condanna o la peculiare personalità del soggetto agente, non risultano
concretamente esplicitate – come sarebbe stato doveroso fare – le ragioni per cui i singoli aumenti sanzionatori a titolo di continuazione, pur se determinati sempre in misura assai ridotta, avrebbero dovuto ritenersi di entità eccessiva.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi in favore della Cassa delle Ammende la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/11/2024