Ricorso Generico: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità
Quando si impugna una sentenza, non basta esprimere il proprio dissenso. È necessario formulare critiche precise e circostanziate. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31521/2024, chiarendo che un ricorso generico, che si limita a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa decisione offre spunti fondamentali sulla tecnica redazionale dei ricorsi e sulle conseguenze di un’impugnazione non specifica.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, aggravato dalla continuazione (artt. 455 e 81 c.p.). La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena in un anno, nove mesi e dieci giorni di reclusione.
L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo con cui contestava sia la correttezza della motivazione sul giudizio di responsabilità, sia la determinazione della sanzione penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è netta e si fonda sulla valutazione del motivo di impugnazione come intrinsecamente generico. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le motivazioni: perché il ricorso è stato ritenuto generico?
I giudici di legittimità hanno individuato due ragioni principali per cui l’impugnazione non poteva superare il vaglio di ammissibilità.
In primo luogo, il ricorso è stato giudicato non specifico perché si limitava a riproporre le stesse identiche ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d’appello. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che non evidenzia vizi specifici di legittimità, ma si limita a replicare argomenti già vagliati, è per sua natura un ricorso generico e, come tale, inammissibile.
In secondo luogo, per quanto riguarda la critica al trattamento sanzionatorio, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello conteneva una “congrua indicazione delle ragioni” che avevano portato alla rideterminazione della pena. La motivazione, seppur sintetica, era stata ritenuta sufficiente a spiegare l’iter logico seguito dai giudici di merito, rendendo la doglianza dell’imputato infondata e, anche sotto questo profilo, generica.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione deve essere un atto tecnico di alta precisione. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso verso la decisione impugnata. È obbligatorio, a pena di inammissibilità, indicare in modo chiaro e specifico quali norme di legge sarebbero state violate o quali vizi logici inficerebbero la motivazione della sentenza.
L’insegnamento pratico è chiaro: la redazione di un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione degli atti precedenti. Richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza d’appello per individuare i profili di illegittimità che possono essere fatti valere dinanzi alla Suprema Corte. Un ricorso generico non solo non porta ad alcun risultato utile per l’imputato, ma comporta anche l’inevitabile condanna a ulteriori spese, aggravando la sua posizione economica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico, ossia privo della specificità richiesta dalla legge per i motivi di impugnazione.
Cosa rende un ricorso “generico” secondo questa decisione?
Secondo la Corte, un ricorso è generico quando, da un lato, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte dal giudice del grado precedente e, dall’altro, lamenta carenze motivazionali in realtà insussistenti, poiché la sentenza impugnata fornisce una spiegazione congrua delle sue decisioni.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31521 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31521 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa in primo grado, ha rideterminato la pena inflitta allo stesso in anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione, per il reato di cui all’art. 455 e 81 cod. Pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità e della determinazione della pena, è generico perché, da un lato, fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, pertanto, non specifici, dall’altro, adduce carenze motivazionali in ordine al trattamento sanzionatorio sorretto, invece, da congrua indicazione delle ragioni che hanno indotto la corte di merito a ridurlo nei termini suindicati (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 16 maggio 2024.