Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38990 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38990 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Como il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/12/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
Deposita in Cancelleria
Oggi,
– 3 LA 2025
IL FUNZIONAR
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 dicembre 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza proposta da NOME COGNOME volta a ottenere la restituzione delle quote della RAGIONE_SOCIALE e della somma di 336.000,00 euro, di cui è stata ordinata la restituzione con sentenza del Tribunale di Busto Arsizio e di cui, invece, è stata disposta la confisca per equivalente con sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, divenuta irrevocabile.
Il Giudice d’esecuzione, nel disattendere la richiesta della ricorrente, fondata sulla sua estraneità ai reati in relazione ai quali è stata disposta dal Tribunale di Milano la confisca di dette quote e delle somme di denaro, ha evidenziato che al momento della pronuncia della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio era già stata disposta, in via definitiva, la confisca delle quote, dell’impianto di Origgio della RAGIONE_SOCIALE e del denaro, costituenti il profitto dei reati commessi nell’interesse della suddetta RAGIONE_SOCIALE, e che nella sentenza di condanna dell’imputato NOME COGNOME la COGNOME era stata ritenuta una mera prestanome, essendo i beni nella disponibilità effettiva di NOME COGNOME e non della ricorrente, che ne era solamente intestataria formale, con la conseguente infondatezza della istanza di restituzione avanzata dalla COGNOME.
Avverso tale ordinanza la medesima COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a tre motivi.
2.1. Con un primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione, a causa della mancata considerazione da parte del giudice dell’esecuzione della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che aveva ritenuto la ricorrente estranea al reato di cui all’art. 452quaterdecies cod. pen. contestato, in relazione al quale erano stati ritenuti responsabili altri soggetti, disponendo la restituzione dei beni in sequestro, di cui invece era stata disposta la confisca dal Tribunale di Milano, benché non fosse stato accertato il proprio ruolo di prestanome e la conseguente effettiva disponibilità dei beni confiscati da parte degli imputati, figli della ricorrente.
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione degli artt. 321 e 609 cod. proc. pen., 452-quaterdecies cod. pen., 27 e 42 Cost., 1, 6 e 1 CEDU, per non essere stata considerata, sia nel disporre la confisca sia nel rigettare la richiesta rivolta al giudice dell’esecuzione, l’assoluzione della ricorrente e la conseguente assenza di collegamento tra quanto sequestrato e il reato contestato, con la conseguente esistenza di un contrasto di giudicati, tra la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio
e quella del Tribunale di Milano, da risolvere ai sensi dell’art. 669, comma 8, cod. proc. pen., attenendo le due sentenze al medesimo impianto e al medesimo reato.
2.3. Infine, con un terzo motivo ha denunciato la violazione di disposizioni di legge processuale, laddove il Giudice dell’esecuzione aveva ravvisato l’inammissibilità della richiesta della ricorrente in quanto ripropositiva di identiche richieste già disattese, benché la precedente decisione del Tribunale di Milano sia anteriore a quella del Tribunale di Busto Arsizio, che quindi costituiva un elemento nuovo da valutare ai fini del mantenimento della confisca.
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso sollecitando l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, ritenendo necessario un accertamento in contraddittorio con la ricorrente, rimasta estranea al giudizio di cognizione, in ordine alla titolarità dei beni di cui la stessa ha chiesto la restituzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile a causa della sua genericità.
Il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Milano, pur rilevando l’inammissibilità della richiesta di restituzione avanzata dalla ricorrente, in quanto ripropositiva di analoga istanza già disattesa dalla Corte d’appello di Milano, la ha comunque rigettata nel merito sottolineando, nella terza pagina dell’ordinanza impugnata, la non estraneità della ricorrente medesima al reato, in quanto mera prestanome del responsabile NOME COGNOME, effettivo titolare dei beni confiscati, di cui è stato ritenuto avere la disponibilità, sia pure per interposta persona.
A fronte di tali rilievi, idonei a giustificare il rigetto della richiesta di restituz (rectius di revoca della confisca) avanzata dalla ricorrente, per essere stata disposta la confisca di beni di cui il reo è stato ritenuto avere la disponibilità e per non essere gli stessi appartenenti a soggetto estraneo al reato, la ricorrente si è limitata a sottolineare, genericamente, il proprio proscioglimento in altro giudizio innanzi al Tribunale di Busto Arsizio, senza, però, illustrare in alcun modo l’oggetto e i soggetti di tale giudizio e di quello conclusosi con la sentenza del Tribunale di Milano con la quale è stata disposta la confisca dei beni di cui è stata chiesta la restituzione (rectius la revoca della confisca), con la conseguenza che difettano del tutto gli elementi per poter ravvisare un contrasto di giudicati ai sensi dell’art. 669, comma 8, cod. proc. pen., che dovrebbe essere risolto dal giudice dell’esecuzione, come genericamente affermato dalla ricorrente, senza adeguatamente illustrare il contenuto delle decisioni che sarebbero tra loro incompatibili.
La ricorrente, inoltre, ha omesso di illustrare quanto esposto a proposito della rilevanza della decisione di proscioglimento e restituzione resa in suo favore dal Tribunale di Busto Arsizio, posto che, come notato, non ha indicato, se non con un generico riferimento al reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen., alla RAGIONE_SOCIALE e al non meglio specificato impianto di Origgio che le apparterrebbe, l’oggetto e i soggetti di tale giudizio e di quello conclusosi con la sentenza con la quale è stata disposta la confisca dei beni di cui è stata domandata la restituzione, cosicché risulta precluso l’apprezzamento della rilevanza e della incidenza di detta decisione rispetto alla confisca.
Nemmeno, infine, è stato considerato quanto esposto nell’ordinanza impugnata a proposito del ruolo di mera prestanome della ricorrente medesima e della effettiva disponibilità dei beni confiscati da parte di NOME COGNOME, di cui è stata affermata la responsabilità in via definitiva, che ne consente la confisca, cosicché il ricorso, oltre che intrinsecamente generico, risulta anche privo del prescritto confronto critico con il provvedimento impugnato e, in particolare, con la sua ratio decídendí, che non è stata considerata, tantomeno in modo argomentato o, comunque, critico.
Consegue, in definitiva, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, a causa della genericità, intinseca ed estrinseca, di tutti i motivi ai quali esso è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativarnente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 13/11/2025