Ricorso generico: la Cassazione ribadisce il principio di specificità
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione, sottolineando come un ricorso generico e privo di un confronto critico con la decisione impugnata sia destinato a essere dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato per spaccio di stupefacenti, respingendo le sue doglianze sulla determinazione della pena perché formulate in modo vago e astratto.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine da una condanna per il reato di cessione di una dose di cocaina, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Torino, è stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello della stessa città. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione tramite il suo difensore, contestando specificamente la determinazione del trattamento sanzionatorio applicato nei suoi confronti.
Analisi del ricorso generico e la decisione della Corte
Il nucleo della decisione della Corte di Cassazione risiede nella valutazione dei motivi di ricorso presentati dalla difesa. Gli Ermellini hanno qualificato le censure come “del tutto generiche”, in quanto prive di un’adeguata esposizione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a loro sostegno. In sostanza, la difesa si era limitata a criticare la pena inflitta senza però articolare una critica puntuale e specifica contro le argomentazioni utilizzate dal giudice d’appello.
La Suprema Corte ha evidenziato come mancasse un “necessario, preventivo confronto con le giustificazioni fornite dal giudice dell’appello”. Quest’ultimo, infatti, aveva ampiamente motivato il superamento della pena minima legale basandosi sui parametri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, con particolare riferimento alla “personalità dell’imputato” e alla sua “capacità a delinquere”.
Le Motivazioni
La Corte ha fondato la sua decisione di inammissibilità sul principio, già consolidato in giurisprudenza, secondo cui i motivi di ricorso devono essere specifici. Un ricorso generico, che non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, non consente alla Corte di Cassazione di svolgere la propria funzione di controllo sulla corretta applicazione della legge.
I giudici hanno richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8825/2017, Galtelli), estendendo i suoi principi, originariamente enunciati per i motivi d’appello, anche al ricorso per cassazione. La motivazione del giudice di merito, che aveva valorizzato elementi concreti per giustificare la pena, non era stata scalfita da critiche altrettanto concrete e pertinenti.
Le Conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna è diventata definitiva. In secondo luogo, ai sensi della legge, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La Corte ha specificato che non sussistevano ragioni per esonerarlo da tale pagamento, conformemente a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000). Questa ordinanza rappresenta un monito per i difensori sull’importanza di redigere atti di impugnazione dettagliati e specifici, evitando formulazioni vaghe che non affrontano il cuore argomentativo delle sentenze contestate.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate erano del tutto generiche, prive di specifiche ragioni di diritto e di fatto, e non si confrontavano con le motivazioni fornite dalla sentenza della Corte d’Appello.
Quali elementi aveva considerato il giudice d’appello per determinare la pena?
Il giudice d’appello aveva giustificato il superamento della pena minima legale basandosi sui parametri dell’art. 133 del codice penale, in particolare valorizzando la personalità dell’imputato e la sua capacità a delinquere.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38591 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38591 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CODICE_FISCALE) nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
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OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale di Torino di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 73 comma 5, d.P.R. n. 309/1990 (cessione di una dose di cocaina, in Torino il 24/9/2023);
ritenuto che le censure prospettano deduzioni del tutto generiche, in punto determinazione del trattamento sanzionatorio, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno delle stesse, senza che sia stato neppure operato il necessario, preventivo confronto con le giustificazioni fornite dal giudice dell’appello (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono aPplicarsi anche al ricorso per cassazione), avendo costoro ampiamente giustificato il superamento del minimo, attraverso i parametri legali di cui all’art. 133 cod. pen., valorizzando la personalità dell’imputato e la sua capacità a delinquere;
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso 11 18 settembre 2024