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Ricorso generico: inammissibile se non contesta

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso generico contro un sequestro preventivo di denaro, ritenuto sproporzionato rispetto al reddito dell’indagato e collegato a un’ipotesi di spaccio di stupefacenti. La sentenza sottolinea che l’impugnazione deve contenere critiche specifiche e non mere affermazioni vaghe, confermando che il giudice può richiamare altri atti purché dimostri di averli esaminati criticamente.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Generico: la Cassazione ne sancisce l’inammissibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35150/2025, ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso generico, privo di specifiche critiche al provvedimento impugnato, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questa decisione offre spunti importanti sul dovere di specificità dei motivi di impugnazione e sul concetto di autonoma valutazione del giudice. Un’analisi attenta del caso aiuta a comprendere perché la forma e la sostanza di un ricorso siano cruciali per il suo successo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Ancona che confermava il sequestro preventivo di una somma di denaro pari a 4.370 euro. Il destinatario del provvedimento era un uomo indagato per acquisto, trasporto e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Al momento dell’arresto, infatti, era stato trovato in possesso di sei ovuli di eroina, per un peso complessivo di 64,40 grammi, oltre alla somma di denaro contante.
Il Tribunale aveva giustificato il sequestro sulla base dell’articolo 240-bis del codice penale, ritenendo la somma sproporzionata rispetto alle capacità reddituali dell’indagato, il quale risultava disoccupato e privo di guadagni leciti. Inoltre, era stato ravvisato un concreto rischio di dispersione del denaro (il cosiddetto periculum in mora), data la sua fungibilità e la situazione economica precaria del soggetto.

Il Ricorso in Cassazione: un esempio di ricorso generico

L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’assenza di un’autonoma valutazione da parte del Tribunale. Secondo la difesa, il giudice si era limitato a un mero rinvio alla comunicazione della notizia di reato e al provvedimento di convalida dell’arresto, senza esporre adeguatamente gli elementi costitutivi del sequestro, ovvero il fumus commissi delicti e il periculum in mora. Il ricorso, tuttavia, è stato redatto in termini vaghi e confusi, senza contestare in modo puntuale e argomentato le ragioni esposte nell’ordinanza impugnata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio a causa della sua genericità. I giudici hanno spiegato che un’impugnazione non può limitarsi a denunciare vizi in modo astratto e apodittico. È necessario, invece, che si confronti criticamente con la motivazione del provvedimento contestato, indicando specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che la rendono errata.

La Corte ha chiarito un punto essenziale riguardo all’obbligo di ‘autonoma valutazione’. Questo dovere non impedisce al giudice di richiamare altri atti del procedimento, come in questo caso la notizia di reato o l’ordinanza cautelare. Ciò che conta è che dal provvedimento emerga che il giudice ha effettivamente preso conoscenza di tali atti e ne ha condiviso le conclusioni dopo averle vagliate criticamente. La sanzione per la violazione di questo dovere non è formalistica; non si basa su mere tecniche di redazione, ma sulla sostanza della decisione.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva chiaramente esposto le ragioni del sequestro: i gravi indizi di colpevolezza per il reato di spaccio, la sproporzione del denaro rispetto ai redditi e il pericolo di dispersione. Il ricorrente, invece, non ha mosso alcuna contestazione specifica a tali argomenti, rendendo il suo ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni

La sentenza in esame è un monito sull’importanza della specificità e della precisione nella redazione degli atti di impugnazione. Un ricorso generico, che si limita a formulare censure astratte senza un reale confronto con le argomentazioni del giudice, non ha alcuna possibilità di essere accolto. La decisione conferma che il sistema processuale richiede un dialogo argomentativo tra le parti e il giudice: chi impugna ha l’onere di spiegare perché la decisione è sbagliata, non potendosi limitare a una mera enunciazione di dissenso. Per i professionisti del diritto, ciò significa che ogni ricorso deve essere costruito su una critica puntuale e documentata, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità.

Quando un ricorso viene considerato ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando le critiche al provvedimento impugnato sono espresse in modo vago, confuso o apodittico, senza un confronto specifico con le argomentazioni della decisione contestata e senza indicare in modo puntuale le ragioni di fatto e di diritto che la renderebbero errata.

Cosa significa ‘autonoma valutazione’ da parte del giudice?
Significa che il giudice ha il dovere di esaminare criticamente gli atti e formare un proprio convincimento, senza limitarsi a un rinvio passivo alle richieste o alle conclusioni di altri soggetti. Tuttavia, può richiamare il contenuto di altri atti, a condizione che dimostri di averli conosciuti e di averne condiviso le motivazioni dopo un vaglio critico.

Perché in questo caso il sequestro del denaro è stato ritenuto legittimo?
Il sequestro è stato ritenuto legittimo perché il Tribunale ha motivato sulla base di tre elementi: 1) la presenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di spaccio; 2) la somma di denaro (4.370 euro) era sproporzionata rispetto alle capacità reddituali dell’indagato, che era disoccupato e senza guadagni leciti; 3) esisteva un concreto rischio che il denaro venisse disperso, data la sua natura fungibile e la situazione economica del soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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