Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43300 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/11/2023 della Corte d’appello di Catanzaro
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso risulta connotato da indeterminatezza, in quanto in maniera del tutto generica evoca presunte carenze motivazionali, senza precisare, se non in termini vaghi, quali sarebbero effettivamente le doglianze avanzate con i motivi d’appello trascurate dalla Corte territoriale, evocando in realtà null’altro che un’erronea valutazione del materiale probatorio e delle risultanze processuali poste a base dell’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente;
osservato che parimenti generico, oltre che manifestamente infondato, appare il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta l’eccessività e l’irragionevolezza della pena irrogata, dovendosi, tra l’altro, sottolineare sul punto che la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti e a titolo di continuazione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel
giudizio di cassazione è inammissibile la censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142).
che, dunque, entrambe le suddette censure mosse avverso la sentenza di appello sono prive del requisito di specificità prescritto dall’art. 581, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indicano gli elementi che sono alla base delle censure formulate, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.