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Ricorso generico: inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile l’appello di un imputato condannato per una violazione del Codice della Strada. Il provvedimento chiarisce che un ricorso generico, che non si confronta specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata e tenta di ottenere un riesame dei fatti, non può essere accolto. La Corte ha inoltre confermato la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo la decisione del giudice di merito logicamente argomentata.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Generico in Cassazione: La Via Sicura verso l’Inammissibilità

L’esito di un processo non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal modo in cui queste vengono presentate nelle sedi giudiziarie. Un ricorso generico, privo di specifiche critiche alla sentenza impugnata, è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Penale, con una recente ordinanza che ha chiuso le porte a un imputato condannato per una violazione del Codice della Strada.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista, ritenuto responsabile per la violazione dell’art. 189, comma 6, del Codice della Strada. A seguito della conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Torino, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi dell’appello si concentravano su due punti principali: una presunta erronea affermazione della responsabilità penale e, in subordine, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del Codice Penale.

L’Analisi della Corte e il concetto di ricorso generico

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa con nettezza, bollandole come del tutto generiche. I giudici hanno sottolineato come i motivi del ricorso fossero privi di un reale confronto con le argomentazioni sviluppate nella sentenza d’appello. In pratica, la difesa si era limitata a reiterare le stesse doglianze già presentate e respinte nel grado precedente, senza attaccare in modo specifico e puntuale il ragionamento logico-giuridico dei giudici di merito.

Questa decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di Cassazione: il cosiddetto sindacato di legittimità. La Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti e le prove. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Un ricorso generico che propone una diversa lettura delle prove o degli elementi di fatto, come ha tentato di fare la difesa in questo caso, esula completamente dalle competenze della Corte e viene, pertanto, dichiarato inammissibile.

La questione della non punibilità (Art. 131-bis c.p.)

Anche il motivo relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stato giudicato infondato. La Corte di Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse escluso tale beneficio in modo motivato, sulla base del “rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata”. La valutazione sulla tenuità del fatto spetta al giudice di merito e, se sorretta da una motivazione coerente e priva di vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità. La decisione di non concedere il beneficio era, secondo la Suprema Corte, argomentata in modo immune da incongruenze e coerente con le risultanze processuali.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la declaratoria di inammissibilità del ricorso sulla base di tre considerazioni principali. In primo luogo, le censure sulla responsabilità penale sono state ritenute generiche e ripetitive, non riuscendo a scalfire la solidità del ragionamento della Corte d’Appello. In secondo luogo, il discorso giustificativo della sentenza impugnata è stato considerato esente da vizi logici e fondato su corretti criteri di inferenza. Infine, il ricorso è stato interpretato come un tentativo di sollecitare una rilettura dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Anche la critica sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata respinta poiché la decisione del giudice di merito era supportata da una motivazione logica e congrua.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: per avere successo in Cassazione, non è sufficiente essere convinti delle proprie ragioni. È indispensabile articolare un ricorso che critichi specificamente i passaggi logici e giuridici della sentenza impugnata, evidenziando vizi di legge o difetti manifesti di motivazione. Un ricorso generico e ripetitivo non solo è inutile, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato “generico”?
Un ricorso è considerato generico quando le censure sollevate sono prive di un confronto specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata e si limitano a reiterare doglianze già esaminate, senza individuare vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice.

Perché la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti di un caso?
La Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di stabilire come sono andati i fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

In questo caso, perché non è stata concessa la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non è stata concessa perché i giudici di merito hanno valutato che la condotta dell’imputato avesse un “disvalore oggettivo” tale da escludere la particolare tenuità. Questa valutazione, essendo stata motivata in modo logico e coerente con le prove, non è stata ritenuta censurabile dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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