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Ricorso generico: inammissibile contro custodia cautelare

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso generico contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. La Corte ha ritenuto le doglianze del ricorrente, relative alla presunta mancanza di autonoma valutazione del giudice e alla debolezza degli indizi, come non specifiche e non adeguatamente motivate, confermando la validità della misura basata su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso generico: la Cassazione conferma la custodia cautelare

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, la Sentenza n. 30497/2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni in materia di misure cautelari, sottolineando come un ricorso generico sia destinato a essere dichiarato inammissibile. La pronuncia analizza il caso di un soggetto indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso e tentata estorsione, a cui era stata applicata la custodia cautelare in carcere.

I fatti del caso

Il Tribunale del riesame di Bari aveva confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.). All’indagato venivano contestati i reati di partecipazione a un’associazione mafiosa operante nel foggiano e di concorso in tentata estorsione aggravata ai danni di un rivenditore di auto.

Il quadro indiziario a suo carico si fondava su plurimi elementi, tra cui:
* Dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.
* Esiti di attività di intercettazione e geolocalizzazione.
* Servizi di osservazione, controllo e pedinamento (o.c.p.).
* Sequestri di armi e sostanze stupefacenti a carico di coindagati.

Nonostante questo compendio indiziario, la difesa dell’indagato decideva di ricorrere per cassazione, lamentando vizi procedurali e di motivazione.

I motivi del ricorso e l’inammissibilità per genericità

La difesa ha basato il proprio ricorso su due motivi principali:

1. Nullità dell’ordinanza del G.i.p. per omessa autonoma valutazione: Si sosteneva che il giudice si fosse limitato a recepire acriticamente la richiesta del Pubblico Ministero, senza un’analisi indipendente degli elementi.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sul quadro indiziario: Si contestava la valenza probatoria delle dichiarazioni dei collaboratori e delle intercettazioni, ritenute insufficienti a provare la colpevolezza dell’indagato.

Entrambi i motivi sono stati giudicati inammissibili dalla Suprema Corte. In particolare, riguardo al primo punto, la Corte ha qualificato l’eccezione come un ricorso generico. La difesa, infatti, si era limitata a lamentare l’assenza di autonoma valutazione senza però indicare specificamente quali parti dell’ordinanza fossero una mera riproduzione della richiesta del PM. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: quando un’eccezione è formulata in modo generico, il giudice dell’impugnazione (in questo caso il Tribunale del riesame) non è tenuto a fornire una motivazione eccessivamente dettagliata nel rigettarla.

La valutazione sul quadro indiziario

Anche il secondo motivo è stato ritenuto aspecifico. La Corte ha osservato come il Tribunale del riesame avesse, al contrario, compiuto una valutazione analitica e globale degli elementi, evidenziando la convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Questi ultimi avevano concordemente indicato l’indagato come partecipe di un gruppo criminale dedito al narcotraffico.

Inoltre, l’identificazione dell’indagato era stata ritenuta certa grazie a un’intercettazione in cui uno dei capi del clan chiedeva al figlio di contattare una persona con un certo nome di battesimo, tramite il profilo social della moglie, che corrispondeva appunto alla moglie del ricorrente. Questo elemento, unito alle altre prove, è stato considerato sufficiente per fondare un giudizio di gravità indiziaria e per giustificare la misura cautelare, data la solidità del vincolo associativo (affectio societatis) e il concreto pericolo di reiterazione dei reati.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base della carenza di specificità dei motivi di ricorso. Un’impugnazione, per essere ammissibile, non può limitarsi a una critica generale e astratta del provvedimento, ma deve individuare con precisione i punti della decisione che si contestano e le ragioni giuridiche o fattuali a sostegno. Nel caso di specie, il ricorrente avrebbe dovuto produrre e confrontare i testi della richiesta del PM e dell’ordinanza del G.i.p. per dimostrare l’effettiva mancanza di autonoma valutazione, cosa che non è avvenuta. Analogamente, la critica al quadro indiziario è stata ritenuta una semplice riproposizione di argomenti difensivi già vagliati e motivatamente respinti dal Tribunale del riesame, senza introdurre nuovi profili di illegittimità rilevabili in sede di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di impugnazione. Un ricorso generico, che non entra nel merito delle argomentazioni del giudice e non indica con precisione le violazioni di legge, non supera il vaglio di ammissibilità. Questa pronuncia serve da monito per la difesa, che deve strutturare le proprie impugnazioni in modo puntuale e argomentato. Per l’indagato, la conseguenza è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma definitiva della misura cautelare.

Quando un ricorso contro una misura cautelare può essere considerato ‘generico’?
Un ricorso è considerato generico quando si limita a lamentare un vizio in modo astratto e assertivo, senza indicare specificamente i passaggi del provvedimento impugnato che si ritengono errati o le ragioni precise per cui la decisione sarebbe illegittima. Ad esempio, affermare che manca l’autonoma valutazione senza confrontare il testo dell’ordinanza con quello della richiesta del PM rende il motivo generico.

Cosa deve fare la difesa per contestare efficacemente la mancanza di ‘autonoma valutazione’ da parte del giudice?
La difesa deve produrre sia la richiesta di misura cautelare del Pubblico Ministero sia l’ordinanza del Giudice e indicare in modo specifico le parti che risultano meramente ‘copiate’ o che non dimostrano un effettivo e indipendente vaglio critico degli elementi a carico dell’indagato.

Perché la Corte di Cassazione ha confermato la misura cautelare nonostante le contestazioni della difesa sul quadro indiziario?
La Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente e logicamente motivato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, basandosi su una valutazione complessiva di elementi convergenti, come le dichiarazioni di più collaboratori di giustizia e riscontri provenienti da intercettazioni. La critica della difesa è stata giudicata aspecifica e non idonea a dimostrare un vizio di legittimità nella valutazione del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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