Ricorso generico e stupefacenti: perché la Cassazione lo dichiara inammissibile
L’esito di un processo non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal modo in cui queste vengono presentate nelle sedi opportune. Un ricorso generico, ovvero un’impugnazione che non affronta in modo specifico e critico le motivazioni della sentenza precedente, rischia di essere dichiarato inammissibile, chiudendo di fatto la porta a un riesame del caso. È quanto emerge da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha respinto l’appello di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti proprio a causa della vaghezza delle sue contestazioni.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, ritenuto responsabile dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/1990. L’imputato era stato trovato in possesso di quantitativi tutt’altro che trascurabili: 582,78 grammi di hashish e oltre 2,3 chilogrammi di marijuana.
Nonostante la condanna nei primi due gradi di giudizio, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo con cui lamentava:
1. La mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi di minore gravità (comma 5 dell’art. 73).
2. Il diniego delle attenuanti generiche.
3. La mancata sostituzione della pena detentiva con una pena alternativa.
La difesa sosteneva, tra le altre cose, che la quantità di stupefacente rinvenuta fosse “scarsissima”, un’affermazione in palese contrasto con i dati oggettivi emersi durante il processo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di ricorso. La Corte ha ritenuto la censura proposta dall’imputato “generica e aspecifica”, in quanto non si confrontava minimamente con la “satisfattiva e giuridicamente corretta motivazione della sentenza impugnata”.
Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la necessità di un confronto critico con la sentenza
Il cuore della decisione risiede nella critica mossa dalla Suprema Corte all’impostazione del ricorso. I giudici hanno evidenziato come l’affermazione di una “scarsissima quantità di stupefacente” fosse palesemente smentita dalle risultanze processuali, che parlavano di quasi tre chilogrammi di sostanze. Un ricorso generico come quello presentato ignora completamente le argomentazioni della Corte d’Appello, che aveva già valutato e motivato la propria decisione sulla base di tali quantità.
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un orientamento consolidato: l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi quando manca una correlazione tra le ragioni esposte nel ricorso e quelle poste a fondamento della decisione impugnata. L’atto di appello non può essere una semplice riproposizione di richieste già respinte, ma deve contenere una critica puntuale e argomentata del provvedimento che si contesta. Citando precedenti giurisprudenziali (tra cui Cass. Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016), la Corte ha ricordato che chi impugna ha l’onere di “ignorare le affermazioni del provvedimento censurato”.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque si appresti a impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso con la decisione del giudice, ma è indispensabile costruire un atto di appello solido, specifico e pertinente. Ogni motivo di ricorso deve dialogare criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, smontandone il ragionamento giuridico punto per punto. Un ricorso generico, che si limita a ripetere doglianze astratte o a presentare una versione dei fatti palesemente contraddetta dalle prove, è destinato a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione è considerato ‘generico’?
Un ricorso è considerato generico quando i motivi di impugnazione sono vaghi, non specifici e non si confrontano criticamente con le argomentazioni contenute nella sentenza che si sta contestando. In pratica, non basta dissentire, ma bisogna spiegare perché il ragionamento del giudice precedente sarebbe errato.
La grande quantità di stupefacente ha inciso sulla decisione?
Sì, in modo decisivo. La Corte ha sottolineato la palese contraddizione tra l’affermazione del ricorrente di una ‘scarsissima quantità’ e la realtà dei fatti (quasi 3 kg di droga). Questo ha reso la sua argomentazione infondata e ha contribuito a qualificare il ricorso come aspecifico, poiché ignorava un dato centrale su cui si basava la condanna.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11898 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11898 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 13/09/1965
avverso la sentenza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano, sezi quinta penale, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Monza in data 25.06.2024, che aveva ritenuto responsabile NOME COGNOME del reato di all’art. 73, co. 1 D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990,
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, co un unico motivo, vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazio del reato ai sensi del comma 5 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/1990, al diniego d attenuanti generiche (da ritenersi prevalenti o equivalenti alla conte recidiva), nonché della mancata sostituzione con una pena sostitutiva ai se dell’art. 20-bis cod. pen.
La prospettata censura è generica e aspecifica, non tenendo conto del satisfattiva e giuridicamente corretta motivazione della sentenza impugnat Il motivo proposto richiama la ” scarsissima quantità di stupefacen rivenuto”, laddove nella sentenza impugnata si dà conto che l’imputat deteneva hashish e marijuana in rilevante quantità (rispettivamente grammi 582,78 lordi e 2 chilogrammi e 342 grammi). Né sono sorrette dalla minima critica alle esaustive e compiute argomentazioni della sentenza impugnata l richieste relative al trattamento sanzionatorio. Va allora rammentato c l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi se manca ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisi impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, GLYPH Rv. 236945, COGNOME; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268822, COGNOME).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagament delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versame di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 11 marzo 2025.