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Ricorso generico droga: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso generico presentato da un imputato condannato per detenzione di un’ingente quantità di stupefacenti. La decisione sottolinea che l’appello deve contenere critiche specifiche e pertinenti alla sentenza impugnata, non potendosi limitare a contestazioni vaghe, come la presunta ‘scarsissima quantità’ del narcotico, smentita dai fatti.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso generico e stupefacenti: perché la Cassazione lo dichiara inammissibile

L’esito di un processo non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal modo in cui queste vengono presentate nelle sedi opportune. Un ricorso generico, ovvero un’impugnazione che non affronta in modo specifico e critico le motivazioni della sentenza precedente, rischia di essere dichiarato inammissibile, chiudendo di fatto la porta a un riesame del caso. È quanto emerge da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha respinto l’appello di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti proprio a causa della vaghezza delle sue contestazioni.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, ritenuto responsabile dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/1990. L’imputato era stato trovato in possesso di quantitativi tutt’altro che trascurabili: 582,78 grammi di hashish e oltre 2,3 chilogrammi di marijuana.

Nonostante la condanna nei primi due gradi di giudizio, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo con cui lamentava:

1. La mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi di minore gravità (comma 5 dell’art. 73).
2. Il diniego delle attenuanti generiche.
3. La mancata sostituzione della pena detentiva con una pena alternativa.

La difesa sosteneva, tra le altre cose, che la quantità di stupefacente rinvenuta fosse “scarsissima”, un’affermazione in palese contrasto con i dati oggettivi emersi durante il processo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: la specificità dei motivi di ricorso. La Corte ha ritenuto la censura proposta dall’imputato “generica e aspecifica”, in quanto non si confrontava minimamente con la “satisfattiva e giuridicamente corretta motivazione della sentenza impugnata”.

Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la necessità di un confronto critico con la sentenza

Il cuore della decisione risiede nella critica mossa dalla Suprema Corte all’impostazione del ricorso. I giudici hanno evidenziato come l’affermazione di una “scarsissima quantità di stupefacente” fosse palesemente smentita dalle risultanze processuali, che parlavano di quasi tre chilogrammi di sostanze. Un ricorso generico come quello presentato ignora completamente le argomentazioni della Corte d’Appello, che aveva già valutato e motivato la propria decisione sulla base di tali quantità.

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un orientamento consolidato: l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi quando manca una correlazione tra le ragioni esposte nel ricorso e quelle poste a fondamento della decisione impugnata. L’atto di appello non può essere una semplice riproposizione di richieste già respinte, ma deve contenere una critica puntuale e argomentata del provvedimento che si contesta. Citando precedenti giurisprudenziali (tra cui Cass. Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016), la Corte ha ricordato che chi impugna ha l’onere di “ignorare le affermazioni del provvedimento censurato”.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque si appresti a impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso con la decisione del giudice, ma è indispensabile costruire un atto di appello solido, specifico e pertinente. Ogni motivo di ricorso deve dialogare criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, smontandone il ragionamento giuridico punto per punto. Un ricorso generico, che si limita a ripetere doglianze astratte o a presentare una versione dei fatti palesemente contraddetta dalle prove, è destinato a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato ‘generico’?
Un ricorso è considerato generico quando i motivi di impugnazione sono vaghi, non specifici e non si confrontano criticamente con le argomentazioni contenute nella sentenza che si sta contestando. In pratica, non basta dissentire, ma bisogna spiegare perché il ragionamento del giudice precedente sarebbe errato.

La grande quantità di stupefacente ha inciso sulla decisione?
Sì, in modo decisivo. La Corte ha sottolineato la palese contraddizione tra l’affermazione del ricorrente di una ‘scarsissima quantità’ e la realtà dei fatti (quasi 3 kg di droga). Questo ha reso la sua argomentazione infondata e ha contribuito a qualificare il ricorso come aspecifico, poiché ignorava un dato centrale su cui si basava la condanna.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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