Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3415 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3415 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il 15/05/1974
avverso l’ordinanza del 23/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo i rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza deliberata il 23 maggio 2024, il Tribunale di sorveglianza di Perugia accoglieva parzialmente il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso i! 25 settembre 2023 dai Magistrato di sorveglianza di Spoleto, che aveva accolto solo parzialmente, rigettandola per il resto, una istanza di COGNOME volta ad ottenere, ai sensi dell’art. 35-ter ord. pen., ristoro per le condizioni di detenzione che costui affermava di aver subìto in alcuni istituti penitenziari.
Avverso il menzionato provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Perugia, il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto volto ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza. Il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., sia violazioni degli artt. 2, 3, 27, 32, 111 Cost, dell’art. 3 CEDU, degli artt. 597, 666, 678 cod. proc. pen., degli artt. 35-bis, 35-ter, 69, comma 6, lett. b), l. 26 luglio 1975, n. 354, ord. pen., sia mancanza di motivazione con riferimento alle valutazioni inerenti ai periodi di detenzione trascorsi da NOME COGNOME nella Casa Circondariale di Spoleto e nella Casa Circondariale di Lecce.
Per quanto concerne la detenzione subita nella Casa Circondariale di Spoleto, il ricorrente ricorda che, con provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Perugia del 19 settembre 2018, una precedente domanda di Giovanditto, volta ad ottenere il rimedio ex art. 35-ter, era stata accolta limitatamente al periodo dal 15 luglio 2017 al 6 ottobre 2017, per la mancata fruizione dell’acqua calda sanitaria, ma era stata rigettata per il resto. Con l’ordinanza ora in valutazione, deliberata il 23 maggio 2024, il Tribunale di sorveglianza di Perugia si è pronunciato sulla nuova domanda presentata da COGNOME in relazione a quel periodo trascorso nel carcere di Spoleto al quale si riferiva il precedente rigetto, e aveva dedotto nuovi dati di fatto e nuove questioni. L’istante aveva indicato, a sostegno della nuova domanda, l’avvenuta emissione di provvedimenti della Magistratura di sorveglianza con i quali era stata riconosciuta, in favore di altri soggetti detenuti nell’istituto penitenziario di Spoleto nel reparto «41-bis», la sussistenza di violazioni dell’art. 3 CEDU, in relazione al problema della mancanza di acqua calda sanitaria, per un periodo ben più ampio rispetto a quello dal 15 luglio 2017 al 6
ottobre 2017 limitatamente al quale fa precedente domanda di COGNOME era stata accolta. L’istante aveva anche dedotto, con la nuova domanda, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 186 del 2018, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), ord. pen., limitatamente al divieto di cuocere cibi, che era stato ritenuto contrario al senso di umanità. Il ricorrente ricorda, inoltre, alcuni inadempimenti dell’Amministrazione penitenziaria in relazione ai riconoscimento di diritti del detenuto. Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza di Perugia, con l’ordinanza deliberata il 23 maggio 2024, ora in valutazione, avrebbe dovuto tener conto delle nuove deduzioni dell’istante, nel rispetto del principio, stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la preclusione «allo stato degli atti», tipica de! giudicato esecutivo, non opera quando vengono dedotti fatti e questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione.
Per quanto concerne il periodo di detenzione subito nella Casa Circondariale di Lecce, il ricorrente lamenta che, in base alla relazione di tale istituto, non corrisponde al vero quanto affermato nell’ordinanza impugnata, circa il fatto che COGNOME avrebbe fruito di quattro ore di aria e due di socialità idonee a compensare adeguatamente eventuali violazioni in suo danno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Rv, 264441 – 01).
In applicazione del richiamato principio di diritto, pienamente condivisibile, deve affermarsi, con riferimento ai caso concreto ora in esame, che le doglianze difensive sono inammissibili perché generiche.
Con riferimento alla censura riguardante ie valutazioni dell’ordinanza impugnata, circa la deduzione basata sull’avvenuta emissione di provvedimenti della Magistratura di sorveglianza in favore di altri soggetti detenuti, deve notarsi che l’ordinanza impugnata ha rilevato congruamente che sopravvenire di ulteriori provvedimenti di merito o di legittimità, resi nei confronti di altri, ch abbiano eventualmente deciso in modo difforme, non appaiono idonei a configurare un novum ivi valutabile, poiché, per altro, intervengono su situazioni differenti e comunque all’esito di note informative individualizzate, tutti elementi
non comparabili con la valutazione già compiuta nei confronti dell’istante…». A fronte di tali pertinenti osservazioni espresse dal Tribunale di sorveglianza, il ricorso è privo di specificità, perché non fornisce indicazioni capaci di far ritenere che i provvedimenti sopravvenuti in favore di altri detenuti abbiano riguardato situazioni corrispondenti a quelle della detenzione di COGNOME.
Sono prive di specificità, per la mancata indicazione di riferimenti precisi sulle varie condizioni della detenzione di COGNOME nel periodo in esame, e per la conseguente mancanza della possibilità di stabilire la pertinenza dei rilievi del ricorrente, anche le censure con le quali egli lamenta la mancata considerazione, nell’ordinanza impugnata, del rilievo della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2018 e della giurisprudenza di legittimità indicata nel ricorso.
Anche con riguardo alla valutazione de! periodo trascorso da COGNOME nell’istituto penitenziario di Lecce, le censure formulate dai ricorrente sono generiche e richiedono una selezione di parti di atti istruttori inammissibile nel giudizio di legittimità, perché nel ricorso non sono indicati in modo preciso i punti della relazione della Casa Circondariale di Lecce dai quali dovrebbe ricavarsi la contrarietà al vero di quanto affermato nell’ordinanza impugnata circa le ore di aria e di socialità ritenute dal Tribunale di sorveglianza «idonee a compensare adeguatamente eventuali violazioni».
3. In conclusione, ii ricorso deve essere dichiarato inammissibile in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e ai versamento della somma indicata nel seguente dispositivo alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 – la ricorrenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 2 ottobre 2024.