Ricorso Generico in Cassazione: Analisi di una Recente Ordinanza
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti invalicabili del giudizio di legittimità e delle conseguenze di un’impugnazione non correttamente formulata. La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso generico in Cassazione, che si limita a contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
Il Contesto: Dall’Assoluzione in Appello al Ricorso del P.G.
La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Cassino nei confronti di un imputato per il reato di bancarotta patrimoniale fraudolenta. La pena inflitta era stata di due anni di reclusione.
Successivamente, la Corte di Appello di Roma, in riforma della prima sentenza, ha assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”. Contro questa decisione assolutoria, il Procuratore Generale presso la stessa Corte di Appello ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado.
I Limiti del Giudizio e il Ricorso Generico in Cassazione
Il cuore della questione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un “terzo grado” di merito, ma un giudice di legittimità. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove o di fornire una nuova interpretazione dei fatti, bensì di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
Quando un ricorso si limita a proporre “deduzioni generiche” e “mere doglianze in punto di fatto”, come nel caso di specie, invade un campo che non è di competenza della Cassazione. In pratica, il ricorrente stava chiedendo alla Corte di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente motivata, della Corte di Appello, un’operazione non consentita in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Suprema Corte
L’ordinanza della Settima Sezione Penale è lapidaria nella sua chiarezza. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale proprio perché le censure mosse alla sentenza di assoluzione erano di natura prettamente fattuale. I motivi del ricorso, secondo gli Ermellini, si traducevano in una critica generica alla ricostruzione operata dalla Corte di Appello, senza individuare specifici vizi di violazione di legge o di motivazione manifestamente illogica, unici difetti che possono essere fatti valere dinanzi alla Cassazione. In sostanza, il ricorso non contestava come la legge era stata applicata, ma quali conclusioni fattuali erano state tratte, superando così i confini del giudizio di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Operatori del Diritto
Questa decisione, pur nella sua sinteticità, funge da importante monito per tutti gli operatori del diritto. La redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’estrema precisione tecnica e giuridica. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di merito; è indispensabile individuare e argomentare in modo specifico e puntuale i vizi di legittimità della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di trasformare il giudizio di Cassazione in una nuova valutazione dei fatti è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse e la cristallizzazione della decisione di merito.
Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché presentava ‘deduzioni generiche’ e ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero critiche non specifiche relative alla valutazione dei fatti, che non sono consentite in sede di legittimità presso la Corte di Cassazione.
Cosa significa che un ricorso non è consentito in ‘sede di legittimità’?
Significa che la Corte di Cassazione può giudicare solo sulla corretta applicazione delle leggi (questioni di diritto), ma non può riesaminare e rivalutare i fatti del processo come hanno fatto i giudici dei gradi di merito precedenti.
Qual era stata la decisione della Corte di Appello che il Procuratore Generale ha impugnato?
La Corte di Appello aveva riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l’imputato dal delitto di bancarotta patrimoniale fraudolenta con la formula ‘perché il fatto non sussiste’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36107 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36107 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a SORA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 30/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma ha riformato la sentenza del Tribunale di Cassino, che aveva condannato NOME COGNOME per il delitto di bancarotta patrimoniale fraudolenta alla pena di anni due di reclusione, assolvendolo perché il fatto non sussiste;
– che il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma è inammissibile in quanto vengono prospettate deduzioni generiche aventi ad oggetto mere doglianze in punto di fatto non consentite in sede di legittimità;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 24/09/2025.