Ricorso Generico: La Cassazione Conferma la Condanna per Reati Societari
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Un ricorso generico, che si limita a contestare la valutazione delle prove operata dai giudici dei precedenti gradi, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Questo caso offre un chiaro esempio di come debba essere strutturato un ricorso per cassazione per evitare una pronuncia sfavorevole.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un soggetto per reati societari, in particolare per violazioni previste dalla legge fallimentare (artt. 216 e 223 del R.D. 267/42). La Corte d’Appello di Napoli, pur confermando la responsabilità penale dell’imputato, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la durata delle pene accessorie a due anni.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi principali: la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito all’affermazione della sua responsabilità.
I Limiti del Ricorso in Cassazione
Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella natura del ricorso generico. I giudici hanno osservato che entrambi i motivi di ricorso erano formulati in modo generico e non consentito in sede di legittimità. L’appellante, infatti, non denunciava specifiche violazioni di norme processuali o un’illogicità manifesta della motivazione, ma tentava di contrapporre la propria interpretazione delle prove a quella, conforme in entrambi i gradi di giudizio, dei giudici di merito.
La Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. Non può scegliere tra “diverse letture del fatto” proposte dalle parti. Un’operazione del genere è preclusa, a meno che non vengano allegati specifici e documentati “travisamenti della prova”, cioè errori macroscopici nella lettura di un atto processuale, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha ritenuto l’apparato motivazionale della sentenza impugnata del tutto adeguato, logico e privo di carenze evidenti. In particolare, ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse congruamente motivato sulla consapevolezza dell’imputato. Era stato dimostrato che l’imputato era cosciente del fatto che dalla sua condotta, specificamente legata alla custodia e alla tenuta delle scritture contabili societarie, potessero derivare le conseguenze antigiuridiche previste dalle norme violate. La motivazione dei giudici di merito, quindi, superava ampiamente il vaglio di legittimità, non esponendosi a censure di illogicità o incompletezza.
Le Conclusioni
In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La pronuncia conferma un insegnamento cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve concentrarsi su precise questioni di diritto o su vizi motivazionali evidenti e macroscopici, evitando di trasformarsi in un tentativo di ottenere un terzo giudizio sui fatti del processo.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico. Anziché denunciare specifiche violazioni di legge o palesi illogicità nella motivazione, l’imputato ha cercato di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze del giudice di legittimità.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per il delitto previsto dagli articoli 216, comma 1, n. 2 e 223 del R.D. 267/42 (legge fallimentare), relativo a irregolarità nella tenuta delle scritture contabili societarie.
Cosa ha stabilito la Cassazione riguardo alla motivazione della sentenza d’appello?
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse congrua, logica e priva di vizi evidenti. In particolare, ha giudicato ben motivato il passaggio in cui si affermava la piena consapevolezza dell’imputato riguardo alle conseguenze illecite della sua condotta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 957 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 957 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a MONTORO SUPERIORE il 03/03/1952
avverso la sentenza del 10/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 10 febbraio 2023, che ha parzialmente rifo sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti per il delitto di cui agli artt. 216, c e 223 R.D. 267/42, rideterminando la durata delle pene accessorie di cui all’art. 216, ulti R.D. n. 267/42 nella misura di due anni, confermando nel resto (fatto commesso in Avellino il 2014);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che entrambi i motivi di ricorso, che denunciano violazione di legge e vizio di motiv punto di affermazione di responsabilità del ricorrente, sono generici e non consentiti in q posto che articolano censure con le quali, contrapponendosi un alternativo apprezzamento del alla valutazione operatane dai giudici di merito nelle loro conformi decisioni, si richiede a di prendere posizione tra le diverse letture del fatto, mediante la diretta esibizione prova che si pretendono evidenti e dimostrativi del vizio di errato loro apprezzamento: op invece, quivi preclusa, giacché diretta a sollecitarne una rivalutazione e/o alternativa assenza di allegazione di specifici e documentati travisamenti (Sez. U, n. 12 del 31/05/ 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), ed in presenza, comunque, di un app motivazionale che non si espone ad alcun rilievo di carenza o di illogicità di macroscopica (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794) (vedasi pagg. 4 e 5, punto 2.2. della sentenza im in cui la Corte territoriale ha congruamente motivato in ordine alla consapevolezza dell’imp dalla condotta tenuta in ordine alla custodia e alla tenuta delle scritture contabili societ derivare le conseguenze antigiuridiche stigmatizzate dalle norme delle quali si è af violazione);
ritenuto, pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con cond ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore de delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2023
Il consigliere estensore
Il Presidente