Ricorso Furto Aggravato: Quando la Cassazione Conferma la Condanna
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sui limiti del giudizio di legittimità e sui criteri di applicazione di alcuni istituti fondamentali del diritto penale. L’analisi del caso, relativo a un ricorso per furto aggravato, chiarisce perché non sempre le argomentazioni della difesa possono trovare accoglimento di fronte alla Suprema Corte, specialmente quando si traducono in una richiesta di rivalutazione dei fatti.
Il Caso in Esame: Tentato Furto e Appello
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto pluriaggravato, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi per cercare di ribaltare l’esito del processo.
La Decisione della Suprema Corte: Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando in toto la sentenza di condanna. Gli Ermellini hanno esaminato e respinto ciascuno dei quattro motivi sollevati dalla difesa, ritenendoli manifestamente infondati. La decisione ribadisce principi consolidati e chiarisce i confini entro cui può muoversi il giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: Analisi dei Punti del Ricorso Furto Aggravato
Il provvedimento della Corte si sofferma analiticamente sui singoli motivi di doglianza, fornendo una chiara spiegazione per il rigetto di ciascuno.
1. Impossibilità di Rivalutare i Fatti in Cassazione
Il primo motivo di ricorso contestava la valutazione del quadro probatorio operata dai giudici di merito. La Cassazione ha prontamente respinto questa censura, ricordando un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove e i fatti come se fosse un terzo grado di giudizio, ma può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Le doglianze del ricorrente sono state liquidate come meri tentativi di proporre una rilettura alternativa dei fatti, attività non consentita in quella sede.
2. Diniego della Particolare Tenuità del Fatto (Art. 131-bis c.p.)
Il secondo motivo lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto il motivo infondato. Ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente escluso tale beneficio in ragione delle specifiche modalità della condotta e dell’intensità della colpevolezza dell’imputato, elementi che ostacolavano un giudizio di particolare tenuità dell’offesa.
3. La Conferma della Recidiva
Con il terzo motivo, la difesa contestava il riconoscimento della recidiva. La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto sussistente l’aggravante sulla base delle pregresse condotte criminali dell’imputato, un elemento che giustificava un trattamento sanzionatorio più severo.
4. L’Attenuante del Danno di Lieve Entità (Art. 62, n. 4 c.p.)
Infine, il quarto motivo riguardava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato (ius receptum): per concedere tale attenuante, il pregiudizio economico deve essere pressoché irrisorio. La valutazione non deve limitarsi al mero valore della cosa sottratta, ma deve considerare tutti gli effetti pregiudizievoli subiti dalla persona offesa. Non rileva, invece, la capacità economica della vittima di sopportare il danno. Sulla base di questi criteri, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di non concedere l’attenuante.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza della Corte di Cassazione riafferma con forza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, ponendo un freno ai ricorsi che mirano a una non consentita rivalutazione delle prove. Inoltre, fornisce preziose indicazioni sui criteri di applicazione di istituti cruciali come la particolare tenuità del fatto e l’attenuante del danno lieve, sottolineando l’importanza di una valutazione complessiva della condotta e del suo impatto, che va oltre il semplice dato numerico del valore economico. Per gli operatori del diritto, è un monito a strutturare i ricorsi su vizi di legittimità concreti, evitando censure generiche sulla ricostruzione fattuale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Quando viene esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Secondo la decisione, il beneficio può essere escluso quando le modalità della condotta e il grado di colpevolezza dell’imputato sono ritenuti significativi. Questi elementi possono impedire di qualificare l’offesa come ‘particolarmente tenue’.
Quali elementi si considerano per concedere l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62, n. 4 c.p.)?
Per la concessione di questa attenuante, non si guarda solo al valore economico del bene sottratto, che deve essere irrisorio, ma anche a tutti gli ulteriori effetti pregiudizievoli che la vittima ha subito a causa del reato. La capacità economica della vittima è invece irrilevante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25041 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25041 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 09/11/1994
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, che ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di tentato furto pluriaggravato;
Considerato che il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità, lamentando, in particolare, la valutazione del quadro probatorio operata dalla corte territoriale, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché costituito da mere doglianze in punto di fatto e finalizzato a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie estranee al sindacato di legittimità e avulse da una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito;
Rilevato che il secondo motivo, con il quale il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato, atteso che, come correttamente chiarito nella sentenza in verifica, il beneficio non poteva essere concesso in ragione delle modalità della condotta posta in essere dal ricorrente e del grado di colpevolezza da essa desumibile;
Considerato che il terzo motivo, con il quale il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in relazione alla mancata esclusione della contestata recidiva, è manifestamente infondato, atteso che – in ragione delle pregresse condotte criminali dell’imputato – i giudici di merito correttamente hanno ritenuto sussistente l’aggravante di cui il ricorrente si duole;
Considerato che il quarto motivo, con il quale il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen., è manifestamente infondato, in quanto è ius receptum che la concessione del beneficio presuppone che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avuto riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa ha subìto in conseguenza della sottrazione della res, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Rv. 269241);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al veramento della
somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 4 giugno 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente