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Ricorso del PM: inammissibile senza esigenze cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso del PM avverso un’ordinanza di annullamento di una misura cautelare in carcere. Il motivo risiede nel fatto che l’appello della procura si concentrava unicamente sulla gravità degli indizi di colpevolezza per riciclaggio, omettendo di argomentare sulla persistenza e attualità delle esigenze cautelari (come il pericolo di fuga o di reiterazione del reato). La Corte ha stabilito che, per essere ammissibile, il ricorso del PM deve affrontare entrambi gli aspetti, altrimenti è privo di interesse concreto.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il ricorso del PM: quando è inammissibile per carenza d’interesse?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni cautelari. Un ricorso del PM contro un’ordinanza che annulla una misura restrittiva è inammissibile se si limita a contestare la valutazione sulla colpevolezza, senza affrontare il tema cruciale delle esigenze cautelari. Questa decisione sottolinea come, per ottenere la riforma di un provvedimento favorevole all’indagato, la Procura debba costruire un’argomentazione completa, che non tralasci alcun presupposto richiesto dalla legge.

I Fatti del Caso: Dall’Arresto all’Annullamento della Misura

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva annullato la misura della custodia in carcere disposta nei confronti di un uomo, indagato per riciclaggio, autoriciclaggio e associazione a delinquere. Secondo l’accusa, l’indagato avrebbe “ripulito” ingenti somme di denaro provenienti dal traffico di stupefacenti gestito dal padre, reinvestendole nelle attività di ristorazione di famiglia.

Il Tribunale del Riesame, tuttavia, aveva ritenuto non sufficientemente provato il nesso tra il denaro e il narcotraffico. I giudici avevano ipotizzato una provenienza alternativa e plausibile: poteva trattarsi di proventi “in nero” derivanti dall’attività imprenditoriale, frutto di un’evasione fiscale sotto la soglia di rilevanza penale. Di conseguenza, non ravvisando i gravi indizi di colpevolezza per i reati contestati, aveva ordinato l’immediata liberazione dell’indagato.

Il Ricorso del PM in Cassazione

Contro questa decisione, il Sostituto Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per Cassazione. L’accusa ha contestato la decisione del Tribunale del Riesame sotto due profili:

* Violazione di legge: errata applicazione delle norme sul riciclaggio e autoriciclaggio.
* Vizio di motivazione: contraddittorietà e manifesta illogicità nel ritenere più plausibile l’ipotesi dell’evasione fiscale rispetto a quella del narcotraffico, nonostante gli elementi raccolti.

L’intero impianto del ricorso del PM si concentrava, quindi, esclusivamente sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, cercando di smontare l’ipotesi alternativa e di dimostrare la provenienza illecita del denaro dal traffico di droga.

La Decisione della Corte di Cassazione: il ricorso del PM è inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse. Questa decisione non entra nel merito della questione (ovvero se il denaro provenisse da droga o evasione), ma si ferma a un gradino prima, su un piano prettamente procedurale.

Le Motivazioni: la Carenza di Interesse

Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 568, comma 4, del codice di procedura penale. Questo principio, applicabile anche ai procedimenti cautelari, stabilisce che per proporre un’impugnazione è necessario avere un interesse concreto e attuale. In altre parole, l’esito favorevole dell’impugnazione deve portare un vantaggio pratico alla parte che ricorre.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno spiegato che per applicare (o ripristinare) una misura cautelare sono necessari due presupposti:

1. I gravi indizi di colpevolezza (il fumus commissi delicti).
2. Le esigenze cautelari (il periculum libertatis), ovvero il pericolo concreto e attuale di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato.

Il ricorso del PM si era focalizzato solo sul primo punto, tralasciando completamente il secondo. La Procura non aveva speso una parola per dimostrare perché, al momento del ricorso, l’indagato fosse ancora socialmente pericoloso e quali specifiche esigenze cautelari ne giustificassero la detenzione. Poiché la Corte di Cassazione non può valutare nel merito l’esistenza di tali esigenze, l’eventuale accoglimento del ricorso sulla sola questione degli indizi sarebbe stato inutile. Non avrebbe potuto, da solo, determinare il ripristino della misura cautelare, mancando la prova del secondo e indispensabile presupposto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre un’importante lezione di strategia processuale. Per il Pubblico Ministero che intende impugnare una decisione di annullamento di una misura cautelare, non è sufficiente dimostrare che il giudice del riesame ha sbagliato a valutare gli indizi. È imperativo argomentare in modo specifico e dettagliato anche sulla persistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari. In assenza di una trattazione su questo punto, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile per mancanza di un interesse concreto, con un dispendio di tempo e risorse processuali senza alcuna possibilità di successo.

Perché il ricorso del PM è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse, in quanto la Procura ha contestato unicamente la valutazione del Tribunale sulla gravità degli indizi di colpevolezza, omettendo completamente di argomentare sulla sussistenza e attualità delle esigenze cautelari, presupposto indispensabile per l’applicazione di una misura.

È sufficiente contestare la gravità degli indizi per impugnare un annullamento di misura cautelare?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente. Il Pubblico Ministero che impugna un’ordinanza di annullamento deve dimostrare sia la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia la persistenza delle esigenze cautelari (pericolo di fuga, inquinamento probatorio o reiterazione del reato).

Che cosa significa ‘carenza di interesse’ in un ricorso?
Significa che l’eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe alcun vantaggio concreto per la parte che lo ha proposto. In questo caso, anche se la Cassazione avesse dato ragione al PM sulla gravità degli indizi, non avrebbe potuto ripristinare la misura cautelare perché mancava la dimostrazione della sussistenza delle esigenze cautelari, rendendo l’intera impugnazione inutile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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